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Gli Hub come spazi di aggregazione

a cura di Davide Pellegrini
Gli spazi commerciali stanno cambiando perché stanno cambiando i concetti di produzione e consumo. Prima di tutto le nuove generazioni, che ormai sarebbe limitativo chiudere nel concetto di Millennials, hanno diverse esigenze e non, almeno non in senso esclusivo, legate necessariamente alla precarietà.

Piuttosto, le caratteristiche principali sono la flessibilità e il dinamismo fisico e delle idee. Un luogo in grado di creare un senso di appartenenza nei giovani non può avere come unica e principale attività la vendita di un prodotto. Si ragiona in termini di esperienze e di multitasking. L’attenzione divisa nella miriade di stimoli che arrivano dalla società delle reti (e non solo reti digitali), ci ha portato a maturare straordinarie capacità di ritrovamento dell’equilibrio, nonostante le tantissime attività e le migliaia di informazioni che gestiamo nell’arco di una giornata.

Ognuno di noi, non nativi digitali, è stato chiamato allo sforzo di allinearsi ai meccanismi dei media, ai social network e alla continue interazioni e scambi con altre persone. I ragazzi che oggi nascono e crescono in questo ecosistema sono, invece, già di fatto abituati a processare quantità immense di contenuti, azioni, progetti. Un luogo in grado di rappresentare l’identità e di sposarne le necessità deve innanzi tutto rispettare questa opportunità di punto di aggregazione spontaneo, dove sia possibile e facile stare, ritrovarsi, fare comunità temporanea e svolgere una serie di attività diverse, non di fatto connesse al mero consumo commerciale.

In uno speciale uscito sulla stampa il 16 aprile a cura di Emanuela Griglié si leggeva: Tutto il mondo in un carrello. nei supermercati si trova ogni genere di bene e servizio. L’articolo mette in evidenza la trasformazione dei supermercati dal punto di vista della diversificazione dei servizi. Prendiamo l’Urban Life del Carrefour di Milano. Ecco cosa riporta l’articolo:

Nell’Urban Life Carrefour, in corso Garibaldi a Milano ci sono un bar, un ristorante che prepara sushi al momento, un ampio spazio per mangiare e – immancabile – l’angolo salutista dove si fanno centrifughe fresche, insalate e si vende gelato artigianale. Al piano superiore c’è una sala per chi vuole sedersi e lavorare tutto il giorno: un’area di co-wiorking gratuita e attrezzata con tanto di stanza riunioni con video proiettore, microfono, filo diffusione, wi fi per tutti. 

 

Urban Life Carrefour

 

e ancora

Per quel che riguarda la catena NaturaSì, regno del bio italiano che fa capo alla Fondazione Rudolph Steiner, oltre agli store metropolitani con ristorante e pizzeria, ci sono i negozi decentrati direttamente nelle aziende agricole e collegati a scuole di nutrizione e consapevole., con corsi di cucina, gite in fattoria e progetti di orti biodinamici.

 

 

Allo stesso modo, brand come Esselunga, Pam, NaturaSì stanno dando vita a luoghi ibridi, in cui produzione e consumo, prodotto e servizi, tempo libero e intrattenimento trovano un equilibro e un’armonia di intenti e di obiettivi.

In questo modo, cultura aziendale e cultura sociale si fondono e, soprattutto, si tracciano gli orizzonti dell’esperienza critica anche rispetto a tematiche che vanno molto oltre il semplice ruolo di acquirente. Gli hub diventano spazi comunitari e di aggregazione dove confrontare le idee e dar vita a opinioni e contenuti.
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