Essere secondogeniti vuol dire di certo aver provato almeno una volta nella vita un’esperienza: ereditare un abito dal primogenito.
Quella strana sensazione di indossare qualcosa che non ti appartiene del tutto: la manica un po’ troppo lunga, quel colore che non hai mai amato, lo stile troppo bon ton (per me era così) che non ti è mai appartenuto.
Quanti di voi vorrebbero ripetere quella esperienza? Credo di poter azzardare un sincero no da parte di tutti.
Qualche anno dopo ho avuto l’opportunità di acquistare una camicia tailor made: ho scelto i tessuti, gli inserti, i bottoni, gli abbinamenti di colore e stile, la tipologia di collo, la linea. Un capo unico, costruito pezzo dopo pezzo dalle abili mani di un sarto che mi ha accompagnata nella selezione di ogni dettaglio cercando di comprendere ed interpretare il mio stile.
Adesso quanti di voi vorrebbero ripetere questa esperienza?
Questa sensazione rappresenta il valore che ha per ognuno di noi un prodotto o servizio su misura che è tanto importante quanto lo è l’espressione di sé, nella sua unicità, identità e creatività.
Perché adottare un processo di personalizzazione?
Il processo di personalizzazione è oggi uno dei temi più importanti nella generazione di esperienza tanto più quando l’ ”oggetto” da realizzare è un processo formativo che coinvolge i team aziendali.
Il percorso che porta alla costruzione di una #formazione su misura è una vera e propria collaborazione, una partnership mossa da obiettivi condivisi: coinvolgimento e attiva partecipazione dell’azienda sono quindi le premesse fondamentali affinché il percorso porti alla scelta degli strumenti e dei metodi più adatti allo stile aziendale.
Una volta compreso il DNA dell’azienda e individuati gli obiettivi, la fase di progettazione è il momento in cui gli strumenti vengono modellati sulle esigenze specifiche del cliente: che sia un training d’aula o una un percorso outdoor, il reale valore non è nello strumento individuato ma è nella definizione dei punti chiave e nelle rifiniture di dettaglio sartoriale con le quali questi strumenti vengono cuciti sulle esigenze e peculiarità del suo destinatario.
La progettazione
La progettazione può essere più o meno complessa: se l’obiettivo è una formazione della forza vendita sul modello di servizio in negozio, la fase di progettazione sarà un viaggio che porterà a tradurre i valori aziendali nelle prassi quotidiane di servizio al cliente. Se invece l’obiettivo principale è scardinare resistenze e avviare un processo di cambiamento, si potrà progettare un’attività di outdoor in cui una sfidante cartoon race diventerà la metafora delle attività quotidiane in store: il modello di organizzazione delle squadre ricalcherà il modello di gestione dei team interno all’azienda, gli “imprevisti” inseriti nell’attività riprenderanno le principali difficoltà che i destinatari incontrano ogni giorno nella quotidianità del loro ruolo (ad esempio il mantenimento degli standard sotto stress) e l’obiettivo finale da raggiungere sarà magari la rappresentazione di quel KPI che l’azienda ha individuato come focus della successiva formazione d’aula.
Le persone
Ma la formazione non è fatta solo di obiettivi, è fatta soprattutto di persone che hanno delle caratteristiche specifiche: età, ruoli, anzianità aziendale, etc. Ed è per questo ad esempio che i cluster generazionali diventano fondamentali per sviluppare degli strumenti formativi efficaci nella creazione di ingaggio, empatia e velocità di apprendimento dei partecipanti.
Una formazione diventa così davvero esperienziale, mettendo in gioco aspetti emozionali e generando coinvolgimento nell’azienda e nel team, perché se è vero che ogni azienda è un soggetto con un’impronta genetica, uno stile, una cultura e un’anima, nessun processo standardizzato e imposto dall’esterno può dare valore alla bellezza generata giorno dopo giorno dal lavoro di ogni dipendente.
Foto di Min An da Pexels