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Social Collaboration in azienda

«Il cambiamento è in atto», spiega  Irwin Lazar, Vice President and Service Director di Nemertes Research. «Le conversazioni che intrattengo con gli IT leader mettono in evidenza che si sta cominciando a pensare in maniera proattiva a queste soluzioni, che esploderanno nel giro di un anno o due».

Una prospettiva confermata dall’analisi di MarketsandMarkets (“Enterprise Collaboration Market by Component, Solution, Service, User Type, Vertical, and Region – Global Forecast to 2021”), secondo cui entro il 2021 il mercato che gravita attorno a questi servizi varrà ben 49,51 miliardi di dollari, con una crescita del 13,2% anno su anno a partire dal dato 2016, che parla di 26,68 miliardi a livello globale. I driver di questo incremento sono per l’appunto l’efficienza dei processi di business e la possibilità di mettere i diversi stakeholder in condizione di comunicare, collaborare e accedere alle informazioni a prescindere dal luogo in cui si trovano.

Non si tratta solo di slogan: in un rapporto sull’impatto dell’adozione degli strumenti di Social Collaboration (lo studio risale al 2015), Forrester ha dichiarato che questi tool possono aiutare le aziende a diminuire i tempi di chiusura dei contratti (addirittura l’indagine parla di oltre nove milioni di deal perfezionati in tre anni), accorciare i processi di vendita del 13%, migliorare la customer experience risolvendo eventuali problemi più velocemente (+10%), aumentare la rapidità di diffusione delle informazioni, con ricadute sulla produttività pari al +14%. In una parola, secondo Forrester, il ROI rispetto a questo tipo di investimenti può essere superiore al 500%, e parliamo di dati che risalgono a circa due anni fa, quando la Social Collaboration e il social networking in azienda avevano da poco preso le mosse: oggi, con il potenziamento dei servizi Cloud e SaaS (Software as a Service), con una maggiore consapevolezza di utenti e organizzazioni e con strumenti ancora più raffinati, molto probabilmente queste stime andrebbero riviste al rialzo.

Gli strumenti che, anche grazie all’intelligenza artificiale, riescono a coniugare tutti questi aspetti e a cui le aziende stanno delegando sempre più il compito di trasformare l’aspirazione dello smart working in una realtà consolidata sono le piattaforme di Social Collaboration. Che cosa sono?

Mutuando l’esperienza intuitiva e coinvolgente dei social media, questi tool sono in grado di adattarsi ai nuovi, mutevoli, fluttuanti perimetri dell’organizzazione, raggiungendo – tramite i mobile device e le mobile app – i collaboratori virtualmente ovunque, mettendoli in relazione in funzione dei progetti da sviluppare e dei ruoli ricoperti, offrendo loro la possibilità di essere continuamente al centro della vita aziendale, che ruota intorno alle attività intersecandosi con il tempo e l’impegno dedicati alla vita privata.

Le tecnologie collaborative di ultima generazione sono infatti sinonimo di efficienza e qualità nello scambio delle informazioni: la parola d’ordine è engagement, coinvolgimento, e porta con sé un aspetto ludico che rivoluziona il modo di lavorare con i colleghi fuori e dentro l’ufficio, estendendo sul piano professionale le modalità con cui si interagisce su Facebook e Whatsapp, migliorando prestazioni e sicurezza delle condivisioni e del team messaging. «È  un tema caldo, e continuerà a esserlo», conferma in un’intervista a ComputerWorld Wayne Kurtzman, Research Director di IDC, «in quanto le piattaforme di Social Collaboration incarnano il concetto stesso di digital disruption: sono alimentate dalle persone, usano nuove metriche comportamentali e hanno ricadute positive sui KPI aziendali».

Extended enterprise significa mettere i collaboratori al centro di una organizzazione flessibile, agevolare lo svolgimento del lavoro ovunque (smart working) garantendo al tempo stesso usabilità e soprattutto sicurezza: significa condivisione dei documenti, strumenti di collaborazione, accesso ai sistemi centrali, nuove architetture e applicazioni, il tutto coordinato attraverso nuovi modelli organizzativi.

Smart working, telelavoro, work life balance e social collaboration sono diventate parole chiave nell’attuale panorama professionale, e sono sempre più fondamentali all’atto pratico nel momento in cui un’organizzazione cerca e valorizza i talenti. Finalmente le imprese, dalle grandi multinazionali alle PMI, sembrano aver compreso che in questo senso andare incontro al benessere dei propri collaboratori non è solo una questione di benefit o di responsabilità sociale: è una conditio sine qua non perché il business raggiunga nel modo migliore i risultati prefissati.

Senza contare i vantaggi ottenibili sul piano dell’efficienza e della gestione dei costi.

Sono infatti i modelli organizzativi flessibili quelli su cui si può realizzare la cosiddetta extended enterprise e applicare strumenti di social collaboration, che oramai, a cavallo di internazionalizzazione e task che non possono essere relegati a specifici ambiti geografici o limitati all’ufficio tradizionale, non è più un’opzione.

 

 

 

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