Competenze

Coaching e motivazione

Come sta evolvendo il coaching. Lo abbiamo chiesto a Paolo Paperetti, formatore, facilitatore, motivatore.

 

Da 20 anni ti occupi di formazione del personale. Hai sviluppato reti di vendita per aziende e franchising, lavorando molto sull’empowerment dei singoli individui. Come sono cambiate le tecniche di coaching e quali sono i nuovi obiettivi da raggiungere?

 

Il coaching si è adattato ai grandi cambi di mercato, soprattutto negli ultimi anni, con l’esponenziale crescita del digitale.  Le reti, dovendo aggiornare i protocolli di lavoro verso un approccio sempre più tecnologico, hanno subito come paradosso la necessità di un pari aumento dell’aspetto relazionale e di sviluppo di una “intelligenza emotiva” di tutti i componenti di un team di lavoro.

Le tecniche quindi, si sono concentrate sullo sviluppo dei potenziali personali , che si tratti di management  o di semplici addetti alle vendite,  proporzionando e lavorando sulle capacità umane dei singoli , oltre che sulle necessarie e tradizionali professionali.
I nuovi obiettivi infatti non sono più semplicemente essere competenti, ma essere empaticamente migliori.

 

 

Ogni formatore o, meglio, facilitatore lavora sul design di un proprio approccio. I modelli ormai sono molti ma quello che fa la differenza è riuscire a costruire un processo di empatia con gli altri. Ci spieghi come lavori e quali sono secondo te i punti fondamentali per motivare le persone in un’organizzazione?

 

Grazie per il “facilitatore”, secondo me è molto più adatto quando si parla di crescita dei potenziali e non di semplice trasferimento di nozioni. 
Il compito è di risultare il più invisibile possibile, evitando così di influenzare lo sviluppo, ma di catalizzarlo al fine di non condizionarlo e di renderlo quindi meno efficace.
La formazione è esattamente come la vendita, un’esperienza sensoriale, quindi il design dei miei seminari è concentrato sulla semplicità dei modi e dei concetti che esistono già dentro ognuno di noi , ma che si sono “nascosti” in qualche angolo o coperti da qualche condizionamento/esperienza.    
Infatti per motivare un gruppo la strada più efficace è far focalizzare il singolo sulle proprie reali potenzialità facendogli vivere un piccolo , ma entusiasmante viaggio, per fargli riscoprire le proprie motivazioni all’interno del suo ruolo professionale, sollevandolo così dall’istintiva necessità di alibi o cercare di uscirne quando i risultati faticassero ad arrivare.

 

 

L’ascolto e il riconoscimento dei problemi delle persone sembrano essere i punti fondamentali ma, mi chiedo, attraverso quali meccanismo avviene il passaggio alla fase del coinvolgimento? Soprattutto, c’è questa disponibilità degli individui a mettersi in gioco?

 

Il viaggio di cui parlavo prima è congeniale proprio a coinvolgerlo maggiormente nel proprio ruolo, quindi automaticamente all’interno della organizzazione.
L’obiettivo è quello di agire sulle personali e originarie motivazioni. Tutti, chi più chi meno, siamo ambiziosi e competitivi, ognuno alla sua maniera, la piramide dei bisogni di Maslow ne è l’essenza, la ricerca quindi è dare la possibilità al singolo di riscoprire le proprie. A questo punto ognuno è più coinvolto e quindi più disposto a mettersi in gioco.

 

Non ti sei occupato solo di formazione. Hai lavoro spesso su aspetti tecnici, dalla contrattualistica alle fasi organizzative dello store management. Come hai integrato queste competenze con gli obiettivi del motivatore?

 

Effettivamente  solo la mia seconda vita professionale mi vede coaching e formatore, ma nasco professionalmente come commerciante o come preferisco definirmi “bottegaio”.
In gioventù, alla fine degli anni ’80, ho creato assieme ad un socio una catena di 27 profumerie, ottima ed entusiasmante attività, dove i miei formatori erano quelli della vecchia guardia, quelli che poco guardavano a come motivare un gruppo di lavoro e molto più erano concentrati e qualificati a spiegare il come ed il perché di un lay out di uno scaffale espositivo. 
Poi l’arrivo dei grandi gruppi, Douglas in primis,  ha generato una sorta di cambio epocale dove tutto il mercato ha dovuto adattarsi .
Noi scegliemmo la via della cessione , annettendo i nostri P.V. ad un grande gruppo, non senza una enorme sofferenza.
Questa esperienza mi ha dato la possibilità di poter vedere le cose dal punto di vista delle persone che oggi vengono ad un mio seminario o che negli anni ho aiutato nella crescita imprenditoriale, in vari settori dal turismo, al food, al fashion o ai servizi.
Per me è sempre più imprescindibile oggi come oggi, che un formatore debba parlare di cose che realmente ha vissuto. La fiducia del proprio interlocutore nasce anche dalla condivisione vissuta dell’argomento trattato.
Chi meglio di un imprenditore può capire e parlare con un altro imprenditore da aiutare, o chi, come uno store manager, si trova a dover motivare costantemente il proprio gruppo, nonostante le problematiche quotidiane.

 

Paolo Paperettida oltre 20 anni si occupa di formazione del personale addetto alla gestione delle risorse umane e di vendita. 
Specializzato in seminari motivazionali e relazionali, collabora con aziende nei settori retail, turismo, cosmesi, benessere .
Negli ultimi tredici anni, ha seguito diverse aziende nella creazione, sviluppo, formazione e gestione della propria rete di affiliati con ottimi risultati. 
Ti è piaciuto l'articolo? Condividilo!
TAG:
competenze

Leggi di più: