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“Fiducia”

Questo fosco periodo sta mettendo a dura prova la resistenza, anzi l’esistenza stessa di uno dei fili che tessono la trama delle relazioni umane, la . Il suo contrario, la diffidenza, è diventato quasi uno stile di vita: il distanziamento fisico, nato da ragioni sanitarie, è diventato distanziamento mentale e psicologico e la diffidenza pervade i nostri scambi di comunicazione e persino il nostro approccio ai media e all’informazione.

Eppure questo filo è così prezioso che dobbiamo lavorare per irrobustirlo e fargli ritrovare il fondamentale ruolo di connessione che ha perso.

Un brillante pensatore americano, Stephen Covey, ha scritto un libro semplice ma illuminante dal titolo “La velocità della fiducia. L’unica cosa che cambia tutto”. Covey definisce la fiducia “la variabile nascosta nelle relazioni”, nascosta ma potente, perché ha la capacità di renderle veloci, scorrevoli, gradevoli e fruttuose  quando è presente, oppure lente, ingarbugliate, faticose e poco produttive quando viene a mancare.

Pensiamo alle relazioni della nostra vita basate sulla fiducia: che senso di leggerezza e che serenità ci danno! All’opposto, quale malessere e ansia ci provoca avere a che fare con persone di cui non ci fidiamo!

Solitamente la fiducia è una variabile umana ben equilibrata perché la si scambia alla pari; quando è a senso unico, o è effimera o è patologica.

Creare relazioni di fiducia è un impegno su due fronti: dare e ricevere.

Da una parte, se vogliamo che le persone si fidino di noi dobbiamo essere affidabili e avere un comportamento coerente, costante e comprensibile. Questo richiede tempo e pazienza, perché ogni persona ha la propria sensibilità ed esperienza e segue un percorso soggettivo per arrivare a riporre la propria fiducia in qualcuno.

Dall’altra parte, dobbiamo essere disposti a fidarci degli altri, faccenda più facile a dirsi che a farsi. Le persone a cui chiediamo di fidarsi di noi devono sentire la stessa attitudine da parte nostra, altrimenti non funziona. A seconda della propria indole, si dovrà trovare un punto di equilibrio tra la dabbenaggine e la sospettosità cronica, un punto che potremmo chiamare “fiducia intelligente”.

Dare fiducia genera fiducia, ma anche viceversa: è un circolo virtuoso, che però rapidamente diventa vizioso se cambia la rotta.

Ma cosa c’entra tutto questo con il nostro campo di esplorazione e di azione, cioè il Retail?

Il Retail è costruito sulla fiducia! Chi opera nel Retail persegue la fidelizzazione dei propri clienti. Questa parola relativamente nuova ha la stessa radice di fiducia, ma anche di fedeltà: per fidelizzare i clienti, bisogna comportarsi in modo che essi di fidino e ricambino con la loro fedeltà.

Proviamo a guardare le cose dal punto di vista del cliente. La fiducia è un elemento importantissimo durante un processo di acquisto. Indipendentemente dal valore del bene che vorrei acquistare, essa abbassa la mia percezione del rischio (di prendere una fregatura, di spendere male i miei soldi, di pentirmi in un secondo momento…) e quindi mi predispone positivamente. Se mi fido, sarò più aperto ai consigli del venditore, al cross selling e anche consentire che i miei dati diventino uno strumento per migliorare l’offerta attraverso lo studio del mio comportamento di acquisto. E  non dimentichiamo che spesso divento spontaneamente testimone di questo rapporto di fiducia attraverso il passaparola e i social, gettando intorno a me semi di quella sensazione che come cliente mi fa stare bene.

Ovviamente quanto detto vale anche al contrario e la rottura di un rapporto di fiducia con i propri clienti porta con sé conseguenze difficili da arginare, di cui spesso le aziende non sono consapevoli e che a volte diventano irreversibili.

Ecco perché per le aziende retail vale la pena di investire su questo tema.

Come prima cosa, la fiducia può diventare uno dei valori su cui si basa l’organizzazione, una delle variabili di clima aziendale da non perdere mai di vista. Una volta costruita, essa si manifesta nella facilità dei rapporti interni, nella snellezza delle procedure, nell’utilizzo diffuso della delega e della responsabilità individuale, nella crescita del senso di appartenenza e di bene comune. Fiducia significa anche avere sistemi di valutazione delle prestazioni equi e trasparenti, modalità di comunicazione fluide e condivisione dei risultati.

Ai collaboratori che respirano quotidianamente questo clima si può chiedere di essere generatori di fiducia con i clienti e lo faranno in modo credibile perché sono loro stessi i primi a trarne beneficio.

E tornando ancora a ragionare da cliente, la fiducia nel marchio o nella catena nasce da quel rapporto sincero che il venditore è riuscito a costruire con me, fiducia che poi si sviluppa anche osservando le strategie di comunicazione dell’azienda, le sue scelte di mercato, le notizie che arrivano dai media. Ma senza quel momento iniziale, senza quella scintilla umana, difficilmente mi fidelizzerò.

In questo momento, inoltre, la fiducia è uno degli strumenti a mia disposizione per combattere la paura. Se entro in un negozio, voglio percepire la tutela della mia salute, desidero procedure e layout che rendano sicura la mia shopping experience. Se faccio i miei acquisti online, voglio essere accompagnato con chiarezza e facilità in un percorso dove trovo informazioni, garanzie e modalità di pagamento sicure.

Ecco perché la fiducia è fondamentale in questo momento di crisi e sarà sempre più importante nel Retail del futuro. Come dicevamo all’inizio, essa non si improvvisa. Costruirla e rinforzarla ora, nel momento più buio e meno propizio, non è solo un atto di grande coraggio, è anche un investimento saggio, di cui le aziende domani raccoglieranno abbondanti frutti.

Foto di FWStudio da Pexels

 

 

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Dopo una lunga esperienza aziendale come HR, lavora come consulente per società e aziende. Trainer e Business Coach, esperta in Retail Management e Change Management, ideatrice di modelli di apprendimento esperienziali e di metodologie di team coaching.

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