a cura di Mauro Minniti
In ambito lavorativo la maggior parte di noi ha dei clienti, che possono solitamente scegliere se tornare da noi, oppure abbandonarci e andare da un concorrente. Possono anche decidere se parlare bene di noi, aumentando la possibilità che nuovi clienti vengano a trovarci, oppure parlarne male, riducendo la possibilità di aumentare la base clienti.
Quali sono gli elementi che determinano questi comportamenti e queste scelte ?
In base al settore in cui ci troviamo, vi saranno specifiche peculiarità che possono migliorare il vantaggio competitivo del bene o del servizio venduto, ma alcune sono valide per tutti.
Una volta che abbiamo soddisfatto le esigenze basilari dei clienti – e dobbiamo farlo, se non vogliamo fallire – entra in gioco il livello successivo per aumentare il valore dell’attività che viene offerta: la differenziazione dell’esperienza che facciamo vivere ai nostri clienti.
Tutte le aziende che lavorano in regime di non-monopolio devono essere interessate a semplificare, a ridurre il tempo e l’impegno richiesto al cliente per usufruire di quel servizio, aumentando la facilità d’uso o di interazione.
Vediamo un esempio piuttosto semplice: la Ford Model T. Non era esattamente «user friendly»: per avviare il motore di una Tin Lizzie ci volevano due persone, una seduta al volante e l’altra in piedi davanti al veicolo a girare una manovella. Era un compito rischioso, perché a volte il motore dava un «contraccolpo» e iniziava a far girare la manovella nel senso opposto: un errore di progettazione che fratturò molte ossa del polso.
Eppure, ai suoi tempi, la Model T fu uno straordinario successo commerciale, perché era l’unica automobile acquistabile da una gran parte di persone. E infatti Ford conquistò il predominio del mercato fornendo un prodotto che soddisfaceva le esigenze basiche di mobilità.
Oggi Ford non potrebbe vendere un veicolo che si avvia con una manovella rischiando di rompere il polso ai clienti. Con una competizione così agguerrita nel segmento delle utilitarie, oggi l’azienda deve prestare molta più attenzione alla semplicità d’uso: ormai, con meno di 15.000 si compra una vettura con i controlli touch-screen, un navigatore ad attivazione vocale e un alloggiamento per il telefono cellulare.
Chi può permettersi di complicare la vita ai suoi clienti, di questi tempi? L’esempio più calzante che mi viene in mente è il sito web dell’Istituto di Previdenza Nazionale, ma l’unico motivo per cui se lo può permettere è che, almeno per il momento, opera in regime di monopolio.
Al contrario, accade di frequente che la facilità di interazione determini un vantaggio competitivo, o addirittura crei da zero un nuovo settore.
Finché non è arrivata YouTube a semplificare il processo, sul web non c’erano molti video caricati dagli utenti. I lettori di musica digitale non si erano affermati perché era difficile trasferirci dentro la musica; poi Apple ha lanciato iTunes e l’iPod, e il mercato è cambiato, crescendo enormemente. Pensiamo a Netflix, eBay e PayPal: c’è molto da guadagnare quando si abbattono le barriere all’utilizzo di un prodotto o servizio.
Soddisfare le esigenze. Rendere semplice l’acquisto di un prodotto o l’uso di un servizio o l’accesso all’assistenza tecnica. Non è difficile credere che questi siano aspetti importanti della #customer experience.
Ma che dire dell’idea che un’azienda dovrebbe rendere piacevoli le interazioni con i clienti? Non tutti concordano sul fatto che la «piacevolezza» sia un elemento cruciale della customer experience: alcuni vogliono credere che solo pochi settori, come i media o la vendita al dettaglio, debbano preoccuparsi del gradimento dei clienti e non, per esempio, la produzione o le aziende BTB.
Eppure moltissimi negozi e ristoranti, hanno un intero segmento di clientela la cui esperienza d’acquisto – e dunque la cui propensione a tornare, dipende dalla qualità del coinvolgimento emotivo. E un buon Store Manager si preoccupa per loro perché, nell’ottica della customer experience, il Retail è anche uno dei settori più competitivi al mondo.
Se pensiamo a come interagiscono i tre livelli della customer experience – soddisfazione delle esigenze, facilità e piacevolezza – ci rendiamo conto di come sia necessaria una progettazione, una misurazione ed una impostazione strategica che ne favoriscano lo sviluppo all’interno delle organizzazioni, con approccio manageriale.