Conoscenza, percezioni, esperienze: la #brand loyalty di un marchio passa dal racconto del proprio valore e dalla #customer satisfaction dei propri clienti. Un legame, quello tra la marca e la scelta – a tratti incondizionata – da parte dei consumatori, che si costruisce strategicamente nel tempo e ne misura la preferenza di acquisto, definendone i contorni della fidelizzazione. Più alto sarà il livello di brand loyalty misurato, maggiore sarà il grado fedeltà alla marca espresso dai clienti.
BRAND LOYALTY, QUESTIONE DI FIDUCIA
Il concetto di brand loyalty è fortemente legato a quello della personalizzazione dell’esperienza di acquisto a tutti i livelli di comunicazione e incontro con il brand: dal fisico, alla vendita online, alla presenza di #brand ambassador social. Una volta stabilita, compito del brand è infatti quello di mantenere la fedeltà al marchio: finché la qualità del prodotto e il livello di servizio fornito restano gli stessi, i clienti fedeli al marchio sentiranno poco il bisogno di controllare la concorrenza. Tuttavia, portare un cliente al vertice della piramide di Aaker, fra i cosiddetti committed buyers, non significa che sarà fedele al brand per sempre: i clienti possono lasciare un brand in qualsiasi momento e per svariati motivi. Per esempio se il marchio non soddisfa più o non è più allineato alle proprie esigenze, o ancora se i consumatori perdono fiducia nella capacità del brand di fornire valore.
E proprio i clienti pienamente coinvolti, i committed buyers, vertice della piramide di riferimento dei gradi di fedeltà al marchio, sono l’obiettivo finale per ogni brand. A questo livello, il marchio svolge infatti un ruolo attivo nella vita quotidiana dell’acquirente, che è orgoglioso di una brand identity che si adatta perfettamente ai suoi valori personali.
BRAND AMBASSADOR D’ALTRI TEMPI: I PROMOTER ANNI ’90
Le tecniche per costruire e rafforzare la fedeltà al marchio sono varie ma si basano quasi sempre sul coinvolgimento delle persone. Vent’anni fa, quando ancora i social e il web non occupavano gran parte delle nostre giornate e delle nostre vite, il brand ambassador era nei negozi, nei supermercati, nelle grandi superfici di vendita e faceva il promoter. Alla sola figura dell’hostess promozionale era infatti affidato il ruolo di rappresentare il brand e raccontarne la storia. Ma anche di mostrare direttamente e fisicamente al pubblico le caratteristiche di un prodotto o di un servizio. I promoter, insieme agli spot pubblicitari e alle pubblicità cartacee, erano lo strumento che l’azienda aveva a disposizione per parlare di sé, trasmettere i propri valori, raccontare i propri prodotti. Un modo per farsi conoscere, ma anche per fidelizzare i già clienti e costruire una brand loyalty intorno al proprio marchio.
L’arrivo di internet e del marketing digitale e la rivalutazione in chiave ancora più esperienziale dell’incontro tra azienda e cliente, ha messo in luce le criticità dell’approccio ‘promoter’ rispetto ai nuovi strumenti e alle nuove figure a cui il web ha aperto le porte. L’incontro tra il brand e il cliente avviene oggi infatti con un approccio sempre più tendente alla realtà: il brand ambassador, presente sui canali social e in rete, trasmette verità e spontaneità al consumatore, caratteristiche essenziali perché il racconto del brand sia percepito e compreso.
PERSONALIZZAZIONE E CONTATTO REALE CON IL BRAND
Il cliente di oggi è invece iperconnesso, il suo rapporto con la tecnologia sempre più stretto e quasi simbiotico. Grazie al digitale le persone riescono a passare da un mondo (quello fisico) all’altro (quello online) con una disinvoltura che non conosce pari. E in questo contesto, in cui l’esperienza umana si è evoluta al punto tale che riuscire a distinguere il confine tra le due dimensioni è sempre più difficile, la personalizzazione del proprio acquisto è un elemento imprescindibile per un brand che voglia costruire un rapporto di fiducia con i propri clienti. Canali social e presenza online permettono di creare contatti diretti e reali, anche attraverso figure di brand ambassador digitali, interni o esterni all’azienda, che ne trasmettano con verità e spontaneità i valori e la storia.
Esempio di engagement e costruzione della fidelizzazione, nelle live shopping un addetto vendita, il Live Streamer, presenta i prodotti attraverso una diretta sul web. Il pubblico, cioè clienti e potenziali tali, seguono lo streaming e acquistano i prodotti presentati. La novità di questa modalità di vendita sta nel fatto che uno degli obiettivi principali del sistema è l’intrattenimento dell’audience. Elemento che contribuisce a trasmettere verità e personalizzazione del messaggio al pubblico in ascolto.
IL GIOCO FIDELIZZA IL CLIENTE
Ma se canali social e live shopping rappresentano il presente, il phygital engagement guarda al futuro con la gamification. Il gioco fidelizza il cliente, lo rende protagonista attivo di un percorso verso il brand, compie ciò che un tempo era destinato, con più staticità, alla raccolta punti: instaura con lui un rapporto di fiducia reciproca. Ogni contesto può essere ‘gamificato’, ma la vera sfida è non pensare solo in ottica di comunicazione, bensì in termini di esperienza. Per scalare, insieme ai propri clienti, la piramide della brand loyalty.
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