a cura di Davide Pellegrini
Fisico e online per scoprire il made in Italy
Il passaggio dall’acquisto dai canali tradizionali all’e-commerce ci pone di fronte a una questione generazionale. Se il made in Italy raccoglie il massimo consenso grazie all’esperienza in loco (inutile dire che la componente artigianale del genius loci a volte può essere il vero valore aggiunto), d’altro canto nel tempo dei Millenials i confini tra la fruizione fisica e l’online si vanno assottigliando.
Elena Azzola, in un bell’articolo intitolato L’era della convergenza, apparso su The Good Life di aprile-maggio 2018, con una serie di interviste a operatori di settore mette il punto.
L’e-commerce, prima di tutto, consente una più facile espansione all’estero, come sostiene Laura Angius che, con Simone Panfilo e Vincenzo Cannata, ha fondato nel 2012 LoveTheSign, portale di e-commerce focalizzato sull’arredamento e il design made in italy. In seconda istanza, le azioni di marketing che una piattaforma digitale può mettere in campo seguono logiche di grande flusso, avendo ancora dalla loro la massimizzazione di una funzione di catalogo che permette ai consumatori di ottenere in poco tempo informazioni utili, anche tecniche, per valutare l’opportunità di acquisto in termini di costo, risparmio, vantaggio.
Certo, rispetto all’esclusiva digitale, l’optimum sarebbe la convergenza con il punto fisico, e cercare di portare l’utente a interagire con entrambi i canali, fisico e virtuale.
Marco Mornata, esponente della storica famiglia con negozi di mobili a Milano, ha fondato Design Republic proprio per rafforzare il mercato tradizionale con un’offerta online. Va detto che chi usa il digitale è solitamente più giovane della media dei consumatori, è abituato allo studio e ha un approccio culturale e interdisciplinare che in rete è ancora possibile. Il sito, infatti, non è più solo una vetrina, ma diventa in questo senso una comunità d’interesse e un’opportunità di approfondimento rispetto a temi appassionanti. Un ecosistema di contenuti che concentrano sfumature importanti che vanno dai materiali alle lavorazioni, dalle filiere produttive ai modelli di design, dal rapporto dei manufatti all’interno del dibattito sull’arte contemporanea alle ricerche specifiche di settore.
Le piattaforme diventano sempre più spesso magazine e hub dove è possibile apprendere, arricchire le proprie conoscenze, agire da consumatore evoluto, instaurare relazioni interessanti.
Genius loci e arte come valore aggiunto
Una delle componenti di fondamentale interesse nel rilancio del made in Italy è l’inevitabile contaminazione della produzione con la temperie culturale di luoghi che da soli detengono la maggior percentuale al mondo di ricchezza ed eredità storico artistica. Se oggetti come la Beetle Chair di GamFratesi per Gubi o la collezione Fat Fat di Patricia Urquiola risolvono prevalentemente problemi funzionali, dal dopoguerra il nostro paese vanta il primato dell’art design con nomi come Gardella, Caccia, Dominioni, Megistretti, Bellini. I long seller dal gusto artistico dei nostri cerativi ci hanno regalato oggetti come Passiflora, la lampada di Superstudio del 1968, le opere di Sottsass, la serie Up di Gateano Pesce del 1969, Abitacolo di Bruno Munari del 1971, ecc.
Tutto ciò ha un significato assai specifico nel nostro discorso.
In Italia, la vocazione turistica che dal Grand Tour settecentesco porta gli stranieri a godere delle meraviglie del nostro territorio non è mai del tutto tramontata anzi, a dirla tutta è cresciuta e si è consolidato il mito del quality lifestyle che si traduce essenzialmente nel legare al consumo di ogni tipologia di prodotto immaginabile il consumo di un’esperienza indimenticabile, tale da favorire nell’ospite quella particolare sinestesia dei sensi che in termini semplificati vogliamo chiamare souvenir. Il ricordo indimenticabile, le mirabilia che restano nell’immaginario di chi scopre le bellezze del nostro paese trovano nell’artigiano geniale, nell’artifex rinascimentale la conferma della straordinarietà e della qualità dei nostri prodotti e del nostro vivere.
Ecco perché, qualora si desideri puntare a una maggior presenza nel circuito digitale, occorre tenere sempre a mente l’importanza del contenuto, l’accuratezza progettuale di una strategia efficace di storytelling che sappia dare all’impresa e ai suoi prodotti la giusta collocazione all’interno di un’adeguato e valido contesto territoriale, culturale, sociale.