La pandemia da Sars-Covid19 sta mettendo a dura prova la nostra economia e società ma qualche risvolto positivo dobbiamo riconoscerglielo. L’attenzione all’ambiente sembra infatti essere aumentata in questo periodo.
Un recente studio fatto da Ipsos, sottolinea infatti che più del 70% degli intervistati in 29 nazioni tra cui il nostro Paese, considera il cambiamento climatico una crisi quanto la pandemia e l’85% dichiara che privilegerà prodotti più salutari e migliori per l’ambiente.
Quali sono invece le caratteristiche che un’azienda deve avere per essere percepita come sostenibile?
Dal 6° Osservatorio nazionale sullo stile di vita sostenibile di LifeGate, emergono alcuni dati interessanti che si focalizzano su alcuni asset: uso responsabile delle risorse (61%), attenzione ai lavoratori (32%), controlli della filiera (30%) e informazioni trasparenti ai clienti (26%).
L’ attenzione verso l’ambiente si ribalta quindi inevitabilmente sul mondo della vendita e della produzione. Ho coinvolto Davide Cavalieri sul tema per capire meglio come sta cambiando il retail con queste nuove prospettive.
- Davide, l’attenzione degli italiani per la #sostenibilità sta crescendo anche nello shopping extra alimentare. Da esperto, con un’esperienza di oltre 30 anni nel retail, pensi possa trattarsi di un trend che si esaurirà in tempi relativamente brevi o di una prassi che entrerà a far parte dei nostri comportamenti?
È sicuramente una tendenza che potrà avere picchi evidenti di accelerazione ma ritengo che alla base ci sia un problema culturale di fondo che spesso si traduce in acquisti legati più all’idea di alcune parole-chiave come bio, compatibilità ecc., senza avere però le informazioni adeguate sul vero significato di sostenibilità. Dal mio punto di vista va fatta chiarezza e dobbiamo partire dal fare una comunicazione e formazione adeguata sul tema, se vogliamo davvero acquisire comportamenti “#green“, perché senza consapevolezza rischierà soltanto di essere moda.
- Ci sono esempi di brand che hanno adottato in maniera esemplare una mission sostenibile all’interno del loro business?
Un esempio che trovo davvero esemplare è Green Pea, il supermercato ecologico di Farinetti con 10.500 metri quadrati che aprirà a breve accanto ad Eataly, a Torino. Un luogo dove potremo trovare “tanti oggetti costruiti in armonia con aria, acqua e terra” focalizzati su 3 temi: “muoversi”, “vestirsi” e “abitare” e con un must comune: creare il minor impatto sull’ambiente.
Sempre in ambito food va menzionato l’impegno di Ferrero che, con il suo programma Farming Values (FFV), sta lavorando per migliorare le condizioni delle aree rurali e le comunità dove nascono le materie prime, al fine di realizzare l’obiettivo di catene di fornitura sostenibili.
Se pensiamo alla moda, Gucci è uno dei brand più attenti alla sostenibilità che investe in iniziative ambientali e sociali che riguardano l’utilizzo di tessuti eco-friendly, studio di nuove fibre, l’aver bandito le pellicce naturali a partire dalle collezioni 2018 e la collaborazione con organizzazioni per la salvaguardia di alcune specie animali.
Per quanto riguarda altri Brand, Ikea sta lavorando da diversi anni per avere un impatto positivo sulle persone e sul pianeta con una serie di iniziative davvero importanti.
Potrei fare molti altri esempi ma vorrei anche evidenziare che per muovere certi cambiamenti all’interno delle organizzazioni, occorrono non soltanto mission e valori coerenti, ma anche figure per guidare l’azienda verso il cambiamento: la sostenibilità come motore di sviluppo.
Recentemente si sente parlare infatti di Sustainability Manager (SM) che opera in alcuni ambiti, come, la gestione ambientale (consumi energetici, idrici, di materie prime ed emissioni), la sicurezza dei prodotti e la gestione dei fornitori (verificando il rispetto del codice etico e alcuni criteri socio-ambientali).
Insomma, il potenziale di sviluppo c’è e gli esempi ce lo dimostrano ma, come dicevo prima, occorrerà un cambio effettivo di paradigma a tutti i livelli, soprattutto una nuova consapevolezza verso l’ambiente e il nostro benessere.
- Quali sono i settori in cui si svilupperà più rapidamente?
Sicuramente l’agricoltura, poi l’alimentare in generale e l’edilizia con un focus al risparmio energetico, al rapporto tra i costi ed i benefici nel lungo termine e ai materiali da costruzione, sia in termini di salubrità, sia sulla facilità di approvvigionamento e del loro smaltimento.
- Secondo te quali sono le prime azioni che i retailer dovrebbero agire per ridurre l’impatto ambientale ed essere più attenti e responsabili?
L’asset di partenza è fare network, fondamentale per decidere le priorità e i vantaggi ambientali ed economici: creare dunque delle organizzazioni trasversali alle aziende, che mettano a disposizione competenze, esperienze e lavorino su progetti comuni. Credo poco nelle azioni individuali, sia per impatto che durata, troppo spesso a breve periodo. Mi auguro quindi che la possibilità di fare progetti interaziendali possa diventare uno degli obiettivi post-Covid.
- E’ possibile disegnare l’identikit di un persona “Green”?
Sì certo, possiamo identificare quattro personalità:
- i cultori della sostenibilità, coloro che ne fanno un motivo di vita, un pò come i vegani che adottano una filosofia basata idealmente su risorse non provenienti dal mondo animale;
- i sensibili attivi, coloro che quando possono cercano di essere coerenti con i principi della sostenibilità e contribuiscono attivamente, a volte anche a scapito della loro comodità;
- i sensibili inattivi, persone che hanno un approccio non attivo ma casuale, sono ad esempio coloro che di fronte ad una vasta scelta, preferiscono la sostenibilità, senza avere però una cultura adeguata sul tema;
- gli indifferenti, chi vive senza pensare che ci stiamo avvicinandoci rapidamente a 8 miliardi di persone nel mondo e che non siamo l’unica specie vivente su questo pianeta.
Probabilmente, oltre il 70% delle persone rientra nei cluster 3 e 4.
- Come disegneresti il negozio sostenibile del futuro?
Partirei dall’arredamento, fatto con materiali recuperati e riciclati. Come altro punto importante, mi focalizzerei sul risparmio energetico, grazie alle nuove tecnologie, ai nuovi sistemi di illuminotecnica e automatizzazione. Mi occuperei poi della sperimentazione di materiali nuovi nel merchandising (come alcune delle novità che ho scoperto alla Fiera di Duesseldorf, come gli scaffali fatti con jeans riciclati), e per finire, ma non meno importante, mi focalizzerei sulla selezione del personale che abbia i valori coerenti con quelli aziendali e sulla loro informazione, fornendo loro i contenuti adeguati per gestire al meglio una vendita di un prodotto sostenibile.