Potremmo chiederci: cosa c’entrano la psicologia e le emozioni con la sostenibilità?
Domanda legittima, che trova però un’esaustiva risposta nel concetto di Emotional Sustainability. Con questo termine si fa riferimento, nel campo del #marketing, a una sostenibilità derivante dall’emozione che lega il consumatore a un determinato prodotto. Una sostenibilità, che è frutto del piacere e della soddisfazione derivanti dal rapporto personale con il prodotto stesso, indipendentemente dal suo utilizzo materiale o dallo scopo con il quale era stato concepito. Chiariamo meglio.
La triade Qualità, Valore, Soddisfazione
Avevo già avuto modo di accennare in questo magazine alla differenza tra la Qualità e il Valore di un prodotto. Riprendiamo quindi la spiegazione, sottolineando l’importanza del concetto di Valore, nel quale risiede l’essenza di ciò che intendiamo per “sostenibilità emozionale”. Quando un consumatore acquista un prodotto, fatta salva la sua conformità allo standard di Qualità, ciò che crea la piena soddisfazione nell’acquirente è la sua aderenza alle aspettative che egli ha, in termini di soddisfazione dei propri bisogni. E i bisogni più importanti, ricordiamolo, non sempre sono quelli materiali. E’ stato infatti appurato (Chapman, 2008) come, all’acquisto frequente di prodotti simili tra loro – cosa che in quest’epoca di consumismo avviene con facilità – corrisponda la tendenza a liberarsene rapidamente, con altrettanta facilità e questo meccanismo di consumo è dovuto alla mancanza di qualsivoglia tipo di legame tra prodotto e consumatore. Si genera così una sorta di spirale continua, che porta il consumatore a ricercare una soddisfazione irraggiungibile, dando vita a un processo comportamentale a danno dell’eco-sistema. L’elevato ricambio dei prodotti che acquistiamo durante la nostra vita, non è quindi altro che il sintomo del fallimento della relazione prodotto-consumatore.
Come realizzare un comportamento sostenibile nell’acquisto?
Recentemente l’applicazione della Psicologia agli studi di marketing, ha consentito di mettere a punto nuove strategie incentrate proprio sul valore della sostenibilità a livello comportamentale: l’obiettivo perseguito è infatti quello di incentivare la realizzazione di prodotti che generino nell’acquirente una “soddisfazione a lunga durata”, in modo tale da indurlo a non sostituirli in tempi molto brevi. Questa soluzione potrebbe rappresentare indubbiamente un grande vantaggio per il nostro ambiente, ma non solo, potrebbe avere dei risvolti interessanti anche per gli stessi consumatori, i quali acquisirebbero maggior competenza nella gestione delle proprie risorse economiche. Il significato simbolico di un prodotto, la sua capacità di corrispondere al bisogno e alla relativa aspettativa della sua soddisfazione da parte del consumatore, sono infatti in grado di realizzare una modalità comportamentale improntata alla sostenibilità, nel senso di consumo mirato, soddisfacente, intenso, ripetuto, ma non orientato a un appagamento esclusivamente materiale.( E’ ovvio poi che, dal canto suo, il produttore dovrà essere in grado di calibrare il prezzo di ciò che offre, calcolando il valore aggiunto della soddisfazione intrinseca e duratura generata nel cliente).
E’ sempre l’Uomo il vero protagonista
Quella dello shopping compulsivo è, purtroppo, una nevrosi ben conosciuta e piuttosto diffusa nella società odierna. Il consumismo la asseconda e la facilita, ma non dimentichiamo mai che cause ed elementi esterni possono solo fungere da facilitatori di dinamiche comportamentali soggettive, laddove trovino un terreno fertile per svilupparsi. La principale causa di comportamenti inadeguati alla realizzazione del benessere personale, risiedono infatti nella persona stessa, nelle sue problematiche interiori e in un non adeguato controllo emotivo. Se l’appagamento di un bisogno mascherato da desiderio – ancor peggio se da desiderio indotto – riesce a colmare la lacuna personale che affligge a livello emotivo il soggetto, ecco che si comprende quanto possa essere utile, efficace e importante intercettare il reale bisogno dell’acquirente per evitare una “pandemia”- tanto per restare in tema – di acquisti inutili, che si diffonda in modo virale minando non solo l’equilibrio della singola persona, ma dell’intero ecosistema, che si vedrebbe invaso da prodotti inutilmente gettati o sostituiti, prima ancora di essere usati e sfruttati appieno.
La regola dunque da tener presente per riuscire ad adottare un comportamento realmente sostenibile, è sempre la stessa: non la quantità, ma la Qualità. Non solo la Qualità, ma soprattutto il Valore.