Indagare la “complessità” è tematica da Premi Nobel per la Fisica?
La risposta potrebbe essere “sì” addentrandosi nella “scoperta dell’interazione tra disordine e fluttuazioni nei sistemi fisici dalla scala atomica a quella planetaria”… ma lo stesso Giorgio Parisi ha recentemente commentato con grande sense of humor nel corso di un intervento a Propaganda Live, “Ci sono delle cose che ho fatto che non ho capito completamente … e quindi volevo capirle meglio”: chapeau all’autoironia!
Dietro questa battuta fatta dal nostro “Italo-Nobel” si nasconde una riflessione semplice ma di grandissimo impatto: quanto valore non viene visto, e quindi non viene raccolto, dietro al paradigma della apparente “complessità”? Quante opportunità vengono tralasciate basando le scelte strategiche su ciò che è opportuno perché già conosciuto?
Il “non fare per non sbagliare”, ahimè troppo spesso, riveste un ruolo di barriera all’ingresso all’esperienza del retail… una barriera purtroppo punitiva e non protettiva. Una auto imposizione di rinuncia alla crescita, ben diverso dalla leva del vantaggio competitivo.
Ancora molti (troppi) brand scelgono di non iniziare l’emozionante “viaggio del Retail”, temendo di avventurarsi in progetti complessi e difficilmente gestibili.
Cosa vede realmente il Consumatore?
Dietro quei pack stipati a scaffale (in modi più o meno consoni rispetto alle canoniche regole dei planogrammi e del visual merchandising), il nostro consumatore vede quello che ha davanti ai propri occhi ma non vede tutto il resto.
Storia, Missione, Famiglia, Persone, Ricerca, Tecnologia: tutto lo storytelling del brand spesso perde forza se non è curato attraverso un’esperienza piena e completa di retail. Non si tratta solo di opportunità perse, ma di diluzione del valore del brand e della propria equity.
Il consumatore con la sola pubblicità e davanti allo scaffale non può percepire tutto il valore dell’azienda e l’impegno per il prodotto, che sono il vero vantaggio competitivo di un brand.
E dunque scegliere il “no perché”: “la mia Azienda non è un retailer… Ho già i miei canali distributivi… Preferisco non caricarmi di costi… Non l’ho mai fatto, non lo saprei fare…”?
Oppure ammirare l’orizzonte del “sì perché”: offrire un prodotto/servizio è di fatto essere un retailer; il retail è il canale distributivo di eccellenza; il Retail genera un ROI quantitativo e qualitativo; formare su Competenze, Comportamenti e Motivazione è la chiave per guidare il retail.
Fare retail significa portare tutto il sapere e la passione del lavoro verso chi già apprezza un brand e coloro che ancora non lo conoscono. Questo passaggio è fondamentale perché avvia il percorso con cui il consumatore si trasformerà da cliente ad appassionato e fedele testimonial dell’impegno e della qualità di un prodotto/servizio.
Dunque: “SI PUO’ FARE!” (Gene Wilder – Frankenstein Junior)
Aggiungo: SI DEVE FARE!
Vediamo perché.
Adottare un approccio Big Things Start Small
Alcune indicazioni per approcciare una metodologia attraverso processi rilevanti, semplici e operativi.
Comprendere. Innanzitutto, occorre evidenziare tutti i benefici di un Concept Store. Facile intuire quali siano i KPIs più immediati e tracciabili: ricavi incrementali, alta marginalità e generazione di grp’s attraverso la propria insegna fronte strada. Il reale potenziale, in realtà, si spinge ben oltre.
Parliamo di un percorso di umanizzazione del brand, attraverso l’avvicinamento al consumatore finale. Il negozio fisico è un luogo dove il cliente sperimenta il brand, diventando anche una palestra di opportunità per conoscere il cliente finale e reperirne con immediatezza dati e abitudini di consumo.
Lo store rappresenta un importante punto di contatto tra brand e cliente, portando il cliente a diventare brand ambassador, un generatore di valore unico e ricercatissimo.
È l’esperienza totalmente immersiva che arriva fino alla completa integrazione di fisico e digitale come nel bellissimo esempio di “Lenovo Virtual Showroom”, in cui si allargano all’infinito le potenzialità della #Customer Experience attraverso uno spazio virtuale, navigabile a 360°.
Disegnare. Il momento creativo rappresenta lo step in cui si costruisce un modello di retail che immerge e coinvolge il cliente in una realtà sorprendente ed emotivamente gratificante.
La realizzazione del Concept Store attraverso la guida degli esperti di Customer Journey parte proprio dalla costruzione della Customer Experience omnichannel, finalizzata ad integrare ogni potenziale contatto con i touch point che partono dall’esterno della vetrina fino all’interno dello store, attivandone l’interazione dalla strada o dal proprio smartphone.
Un esempio altamente virtuoso di store design è quello di Sky Italia con il progetto Nuovi Sky Stores “Sky is not the limit”: il risultato è uno store che, grazie alla luce dinamica, si trasforma da una scatola bianca in un luogo cangiante ed estremamente attrattivo già dall’esterno.
Costruire. Le fasi di ricerca della location più adatta e del refurbishment sono elementi centrali del progetto di Retail. La corretta pianificazione di esse contribuisce ad accelerare notevolmente i tempi di implementazione e l’efficacia del progetto finale, misurabile in termini di coerenza con la vision strategica e con il piano d’azione definito a monte.
La progettazione degli spazi ed il posizionamento degli arredi sono parte del processo di coerenza esperienziale e base del modello di scalabilità tanto quanto quelli della corretta location.
Formare. La Sales Journey diventa elemento costituente l’efficacia del progetto retail e va ben oltre il modello di ceremony classico. Citare l’esempio dei concept store di Starbucks è immediato, all’interno dei quali si esprime naturalmente una centralità della Customer Experience.
Il modello formativo, nel caso del Retail ma non solo, si fonda su una matrice dove Marketing Team, Sales Team e Cliente interagiscono attraverso uno scambio continuo di input e ritorni durante le fasi del drive to store, dell’esperienza stessa al suo interno e del follow up: un continuum che genera incremento di valore per lo store e per il brand stesso.
Alle fasi di analisi e progettazione della formazione, segue quindi l’erogazione accompagnata alla creazione di manuali operativi che confluiscono nel concetto di Academy: l’Academy, così il modello formativo, vive anch’essa di continuità e ripetuti fine tune che contribuiscono a cogliere i trend (micro, macro e mega) che continuamente cambiano le opportunità riproponendone di nuove.
Misurare. Tra la costruzione della Customer Experience e la generazione del Customer Journey si inserisce a supporto la definizione dei KPIs per misurare la Customer Satisfaction. Questi rappresentano il file rouge che accompagna tutto il processo di business, diventando particolarmente azionabile all’interno del retail.
L’immediatezza del dato (sell-in, sell-out) permette di elevare a potenza la possibilità di intervento ed ottimizzazione delle #strategie Sales & Marketing, costruendo de facto un modello di execution solido e veritiero, immediatamente allargabile anche a tutto il resto del business.
Una palestra per i marketing test che rende l’esperienza retail unica nel suo genere: la creazione di esperienze attraverso negozi e spazi per espandere e consolidare il rapporto con il cliente utilizzatore.
Un esempio a tal proposito è l’Atelier della Natura di Bonomelli, dove gli sfusi ed il pick & mix diventano esperienze in esclusiva per lo store, pronte a diventare nuove opportunità di innovation nei canali non retail.
Ottimizzare. “Spesso quando innovi, fai degli errori. È meglio ammetterli rapidamente, e continuare a migliorare le altre tue innovazioni.” (Steve Jobs)
Questa citazione riassume molto bene il potenziale del retail: la libertà innovativa porta inevitabilmente alla definizione di fine tune. La rapidità e l’efficacia con cui tale processo viene implementato all’interno dello store esprimono l’unicità di questa esperienza non solo per il consumatore finale ma anche (o forse in primis) per il brand.
Processare. Il momento più emozionante è forse il più semplice: quando l’azienda ha disegnato, sperimentato ed ottimizzato il proprio modello Retail, non occorre che dare il “go” per partire con l’implementazione, avendo costruito tutto il solido background che limita le aree di rischio, esplodendo invece la prospettiva delle opportunità.
Tornando all’illustre Giorgio Parisi: “Le idee spesso sono come un boomerang: partono in una direzione ma poi vanno a finire altrove. Se si ottengono risultati interessanti e insoliti, le applicazioni possono apparire in campi assolutamente imprevisti.”
Il significato di fare retail, a tutti gli effetti apre opportunità di grande valore, con una sola licenza rispetto al mondo della fisica: i risultati sono assolutamente prevedibili e non lasciano alcun dubbio sulla necessità di implementarlo.