Vi ricordate Minority Report del 2002, il bellissimo film di Spielberg basato su un racconto di Philip Dick? A tutt’oggi resta una delle più efficaci rappresentazioni di realtà aumentata viste al cinema. Cosa è, di fatto, la realtà aumentata? Su Pagina99 Federico Gennari Santori ne dà una definizione: si tratta della sovrapposizione di elementi digitali allo spazio fisico. Immaginiamo di girare in uno spazio reale con appositi devices tecnologici in grado di integrare alla nostra esperienza esplorativa delle informazioni aggiuntive. Il riferimento più vicino, esploso con prepotenza e subito rispedito nel dimenticatoio è stato Pokemon Go. Una febbre passata quasi subito. Pensiamo, però, a come uno strumento simile potrebbe cambiare la percezione nella ricerca del prodotto, magari in visita in un centro commerciale o in un grande magazzino, per cui basterà puntare lo schermo del nuovo tablet su un oggetto per ottenere indietro dei dati, delle informazioni, altri contenuti. Dice Santori: per molti si tratta della Next Big Thing.
Per Global Market Insights la realtà aumentata è una promessa di un prossimo mercato in crescita dell’80% fino ad arrivare nel 2024 a un valore di 165 miliardi di dollari.
Diciamo la verità. Non stupisce affatto che i grandi colossi del digital si stiano facendo la guerra per anticipare questa tendenza. E, mentre i social più importanti come Facebook si stanno lentamente trasformando in piattaforme di entertainment e digital retail (con l’idea di farci restare dentro la piattaforma dalla mattina alla sera, sia che si tratti di vedere un film piuttosto che comprare una camicia), tutte le altre applicazioni di augmented reality in fase di testing stanno rafforzando i propri “sistemi chiusi”. Google sta per lanciare ARCore (che per la fine dell’anno avrà raggiunto i 100 milioni di download), la stessa Facebook ha lanciato Camera Effects, la prima piattaforma mainstream dedicata alla realtà aumentata, concepita per sviluppare contenuti solo all’interno di FB. Poi, c’è ARKit, vera chicca di Apple che, integrata a IOS11, ultima versione del sistema operativo, potrebbe automaticamente generare circa 500 milioni di download a un prossimo aggiornamento.
Non male, verrebbe da dire ma, a pensarci bene, questi “mostri” sono l’esempio lampante di creature che vivono e si nutrono dei contenuti altrui. Mai come oggi possiamo dire che si sta avverando il paradosso dello user generated content per il quale l’unico a non guadagnare dal flusso ininterrotto di idee, progetti, contenuti è proprio il prosumer. La possibilità per molti sviluppatori di contribuire a migliorare le applicazioni utilizzando i codici proprietari di Facebook, Apple o Google riporta comunque ogni potenziale beneficio o guadagno a questi stessi colossi.
Va detto del resto che non è ormai possibile arrestare il progresso e, come dimostrano sempre più spesso i tempi contemporanei, l’innovazione volenti o nolenti imporrà i suoi linguaggi. Ma come fare allora? Qual è la direzione che un’azienda deve prendere? Senza dubbio non è utile competere con mondi organizzati di questa portata, semmai la realtà aumentata può diventare un in più, strettamente collegata alla produzione di contenuti in grado di stimolare esperienze reali, fisiche da curare nella misura dell’incontro tra informazione ed entertainment. Dopo tutto, sia che si tratti di acquisti, sia che si tratti di eventi ludici, siamo nell’epoca della fiction economy.