Editoriale

La Shopping Experience a tempo determinato

La Shopping Experience a tempo determinato fa parte dei concetti di nuova nomina del vocabolario retail di questi ultimi anni. A darne lustro è soprattutto la diffusione dei cosiddetti Temporary Shop, negozi temporanei, aperti cioè per un periodo temporale limitato, da un giorno a qualche mese al massimo. Il loro scopo è pubblicizzare marchi o prodotti o campagne di vendite lampo. Anche detti “Pop-up Store”, questi spazi di vendita sono in grado attrarre l’attenzione dei clienti in modo molto efficace. Essendo limitati nel tempo, consentono inoltre di abbattere i costi rispetto ai negozi tout court.
I temporary shop si basano sul concetto di limite temporale e fanno leva su questo, per incentivare i visitatori a non perdere le opportunità previste per un breve periodo di tempo. In genere, questi punti vendita sono ubicati nelle zone più frequentate delle città, proponendo prodotti in edizione limitata o in offerta.

Il vantaggio più evidente di aprire un temporary shop? La specificità

Per chi non ha uno negozio fisico, può essere un modo efficace per raccontare il marchio senza investire ingenti budget. Per i brand che possono contare su una presenza capillare di negozi in tutto il territorio, il Temporary Shop, invece, può contribuire a creare uno storytelling mirato su un singolo prodotto o servizio o area tematica del marchio. Incentrandosi su un tema specifico, questo spazio di vendita si rivela uno strumento efficace di presentazione del brand.

Lo shop si può associare a un evento, a un’occorrenza festiva come il Natale o Halloween, a iniziative promosse dai brand. La conseguenza è evidente: così facendo, in questi punti vendita si propongono prodotti, servizi ed esperienze di natura esclusiva, edizioni limitate o personalizzate di articoli che non si trovano in altri store.

Come sappiamo, l’evoluzione del retail dei tempi più recenti muove a partire da una consapevolezza: il cliente è al centro del percorso di acquisto. E i clienti, oggi, vogliono sapere da dove nascono i prodotti, che tipo di caratteristiche hanno, quali sono i loro punti di forza, in che modo possono risolvere specifiche esigenze. All’interno di negozi temporanei, le persone possono vivere esattamente ciò di cui sopra. A patto, però, che si valorizzi lo spazio di vendita, rendendolo unico.

I dettagli fanno la differenza

Ho sempre sostenuto che se concepiamo il Temporary Shop come una semplice estensione di uno store fisico, allora il suo ruolo è solo funzionale. Lo spazio di vendita va pensato invece come un microcosmo che rifletta i valori del brand e fornisca alle persone la possibilità di vivere esperienze d’acquisto immersive e memorabili. La location dev’essere scelta con cura, così come il design e l’intera orchestrazione scenografica del negozio. Non bisogna lasciare nulla al caso, ma insistere a ragionare su colori, forme, estetica in funzione della scelta strategica che si intende seguire.

Questi sono luoghi in cui poter vivere e sperimentare nella maniera più precisa e approfondita un certo prodotto o servizio, calcando la mano sull’unicità dell’esperienza in store. La loro popolarità crescente ha reso questi spazi dei veri e propri centri catalizzatori di opportunità per i brand e i rivenditori. Dal momento che, il fenomeno ha assunto negli ultimi anni un’importanza a dir poco nodale, abbiamo voluto dedicare a questo tema il nuovo numero di Cretail.

Buona lettura!

 

Foto di Tima Miroshnichenko from Pexels.com

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Dopo percorsi professionali nel settore commerciale, nel 1988 fonda una società di ricerche marketing, formazione e consulenza che negli anni si è specializzata nel mondo retail, attualmente presente con il brand Cavalieri Retail. La società ha realizzato oltre 3.000 progetti nel settore della distribuzione operando in diversi segmenti del mercato e formato oltre 100.000 persone per i maggiori brand italiani e internazionali. E’ docente di master specialistici nelle principali Business School e Università italiane. Da 30 anni scrive sulle principali testate del mondo della distribuzione fisica e digitale ed è autore di “Un desiderio chiamato retail“.

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