Food & BeverageInterviste

L’analisi sensoriale al servizio del gusto: intervista a Luigi Odello

E se ti dicessimo che qualcuno è in grado di dirti cosa proverai davanti a nuovo sapore? Attraverso le regole dell’analisi sensoriale, i dati rappresentativi di un target ben specifico permettono alla percezione di essere misurabile statisticamente. A un certo punto della nostra storia abbiamo infatti cominciato a chiederci: qual è la probabilità che noi abbiamo di assumere un’ipotesi che poi si dimostri vera? E come possiamo applicarla per creare dei prodotti sempre più completi?

Ne abbiamo parlato con Luigi Odello, enologo, giornalista, docente universitario di analisi sensoriale in alcune delle maggiori università italiane e straniere, fondatore di Odello Associati, presidente del Centro Studi Assaggiatori e presidente onorario dell’Istituto Internazionale Assaggiatori Caffè. Amministratore delegato Narratori del gusto, Istituto Eccellenze Italiane Certificate e segretario accademico dell’International Academy of Sensory Analysis, Odello è anche membro del consiglio di amministrazione di Good Senses, Assaggiatori Italiani Balsamico, Istituto Internazionale Chocolier, e Istituto Nazionale Espresso Italiano, presidente del comitato scientifico del medesimo e di quello dell’Istituto Nazionale Grappa, membro dei comitati scientifici di Koinon e Fondazione Minoprio, coordinatore Conferenza delle Accademie, direttore de L’Assaggio, Sensory News, Coffee Taster e Grappa News. Nel corso della sua carriera ha maturato particolari competenze in analisi sensoriale e nell’implementazione dell’innovazione in aziende dedicando particolari approfondimenti alla programmazione neurolinguistica e all’analisi transazionale.

Sentiamo parlare sempre più spesso di analisi sensoriale e di come possa essere al servizio del gusto. Ma, in concreto, di cosa si tratta?

L’analisi sensoriale fa parte delle scienze sensoriali e si occupa di descrivere e misurare la percezione. Qualsiasi cosa venga a contatto con un sistema sensoriale umano può essere descritto grazie a un insieme di metodi che ci consentono di esprimere e misurare quello che percepiamo in quel momento.

Viviamo in un mondo in cui le aziende sgomitano per conquistare il proprio spazio in un mercato sempre più ampio e sfaccettato. Certificare l’eccellenza è un modo per trasmettere il proprio valore. In che modo l’analisi sensoriale può aiutare in questo percorso?

Le scienze sensoriali costituiscono un aumento della reputazione se opportunamente utilizzate. Non soltanto perché ti permettono di confermare la veridicità di quello che prometti al consumatore: banalmente – si fa per dire – se dico la verità sarò più apprezzato. Ma mi consentono anche di creare esperienze. E quindi tutte quelle che sono le forme di invito, di coinvolgimento: senza troppi giri di parole, quando un’esperienza d’acquisto è positiva, la reputazione cresce.

Chi (o cosa) determina l’eccellenza di un prodotto?

Il cliente, senza ombra di dubbio. E per cliente intendo l’utente finale di un prodotto, certo, ma anche chi sceglie il prodotto per il consumatore finale. Ed è oggi fondamentale per le aziende individuare il vero pensiero, la percezione dei propri clienti. Possono poi esserci delle persone specializzate, i cosiddetti giudici sensoriali, che – riuniti in gruppo e utilizzando determinati disegni sperimentali e relative elaborazioni statistiche – interpretano quella che potrebbe essere la valutazione del cliente. Faccio un esempio: un prodotto che per un italiano è dolce il giusto, per un americano sarà tendenzialmente poco dolce, per un cinese lo stesso prodotto risulterà stucchevole. Cultura e abitudini alimentari portano a determinate percezioni e aspettative che un giudice può essere in grado di prevedere e soddisfare attraverso parametri oggettivi: intensità dell’aroma, il tipo di aroma, l’intensità gustativa dei diversi sapori di base sono solo alcuni di questi parametri.

Il consumatore contemporaneo vuole vivere esperienze di acquisto altamente immersive e coinvolgenti. In che modo l’analisi sensoriale può contribuire al raggiungimento di questi obiettivi?

C’è stata una notevole accelerazione sull’innovazione. Negli ultimi due anni abbiamo lavorato sulle emozioni con l’obiettivo di riuscire a descriverle e a misurarle. Ci siamo spinti fino al campo delle neuroscienze e abbiamo utilizzato determinati applicativi per riuscire a formulare un test in grado di descrivere le emozioni e di validarle attraverso la semiotica. Se sappiamo cosa genera emozione, possiamo costruire l’esperienza. Non solo a livello di gioco ma anche di spiegazione del prodotto. Non dimentichiamoci che oggi gran parte della comunicazione è mediata: non possiamo sentire gusti, aromi e profumi di un determinato prodotto. Come posso allora far sentire a distanza un aroma? Attuando forme di comunicazione più veloci, più intuitive, più immediate. Penso per esempio a una forma di gioco come quello dell’Albero degli aromi: si tratta di far compilare al consumatore una tabella con il gusto percepito dal prodotto appena provato. Il test è applicabile ovunque: sulla confezione di un prodotto, in un post sui social, oppure in negozio, invitando la gente a scoprire se trovano o meno quel determinato aroma segnato sull’albero. O, ancora, le Olimpiadi del piacere, che consiste nel disporre sul podio determinati prodotti. Un modo esperienziale che fa sì che il consumatore finale ponga l’attenzione sul prodotto, lo guardi da diverse (e nuove) prospettive.

L’analisi sensoriale risulta a volte poco comprensibile e di conseguenza poco credibile agli occhi di consumatori e non addetti ai lavori. A che punto siamo e quanto c’è ancora da lavorare su una comunicazione più accessibile e limpida?

Entrare nel mondo della comunicazione non è facile. Se ci pensiamo, l’idea del creativo non è quasi mai quella di partire dai dati. Con il Politecnico di Torino e con la Scuola di Design dell’Università di Firenze abbiamo allora lavorato sulla costruzione di infografiche più accessibili, che non necessariamente contengano numeri. Su contenuti immediati e curiosi, comprensibili. La strada intrapresa pare sia quella giusta, ma imprescindibile sarà il lavoro di due categorie di cui oggi la comunicazione non può fare a meno. I copywriter: il lavoro degli umanisti è fondamentale per ampliare, decostruire e ricostruire l’immenso materiale che abbiamo a disposizione. I grafici, per la corretta trasmissione di una percezione.

Un ambito dunque da coltivare, esplorare, a cui guardare con curiosità e interesse… in tutti i sensi!

 

 

 

 

 

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Lavora da sempre con le parole. Ama il contatto con la gente, comunicare con le persone e dare loro una voce. Osserva con curiosità i nuovi trend e le nuove strategie di comunicazione, per poterle raccontare, descrivere e interpretare.

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