A 28 anni, Ellen Mac Arthur è stata la donna più giovane ad essere insignita Dame, il titolo onorifico femminile corrispondente a quello di Sir. Il titolo le è stato conferito nel 2005, dopo essere entrata nella storia dello yachting come la più veloce velista solista a circumnavigare il globo.
In alto mare, Ellen ha preso coscienza della natura limitata delle cose, e di come invece la natura si rigeneri in modo continuo. Da quell’esperienza, l’intrepida velista non ha riportato solo un record, ma una riflessione che l’ha condotta a rivedere la sua vita, spingendola a lasciare la vela professionale per fondare, nel 2009, la Fondazione Ellen MacArthur .
La Fondazione lavora in collaborazione con imprese, governi e mondo accademico per fondare un modello di economia riparativa e rigenerativa, in grado di fornire risposte ai limiti che affliggono la nostra attuale “economia lineare”. Obiettivo della Fondazione è anche quello di ispirare le generazioni future a ripensare, ridisegnare e costruire un futuro positivo.
Nel primo rapporto, commissionato dalla Ellen MacArthur Foundation nel 2012 e sviluppato da McKinsey & Company, si fondano i presupposti per evolvere da una politica del riciclo e del riuso ad una economia che dovrà agire “a livello micro (prodotti, aziende, consumatori), meso (parchi eco-industriali) e macro (città, regioni, nazioni etc.), con l’obiettivo di realizzare uno sviluppo sostenibile, che implica la creazione di qualità ambientale, prosperità economica ed equità sociale, a beneficio delle generazioni attuali e future”.
I principi dell’#economia circolare sono stati recepiti anche dalla Commissione Europea che, nel gennaio 2018, ha adottato il Quadro di monitoraggio per l’economia circolare. Il documento include 10 indicatori raggruppati in 4 macro aree: produzione e consumo; gestione dei rifiuti; materie prime secondarie e competitività ed innovazione. L’ufficio statistico dell’Unione europea Eurostat ha dedicato una pagina agli indicatori di economia circolare.
Di fronte a un’economia globale che mostra sempre più i segni di una forte volatilità, causata anche dai segni evidenti di un rapido esaurimento delle risorse, molte aziende rispondono attivandosi nella ricerca di modi per utilizzare in modo sempre più responsabile i materiali, le energie e il lavoro.
Dagli studi e dagli appelli profusi dagli enti citati, emerge però anche la necessità di adottare un diverso paradigma di pensiero, che coinvolge innanzi tutto i singoli individui, il modo di immaginare il futuro e di comportarsi nel presente, come persone e consumatori, oltre che come aziende. Questo perché alla base del modo di pensare, e di conseguenza anche di produrre e consumare, si pone la concezione filosofica del tempo e dello spazio che ogni società assume come valido.
Il modello di pensiero occidentale si fonda sui principi dell’Illuminismo: individua nella ragione il progresso dell’umanità e delinea un concetto del tempo e della storia di tipo lineare e misurabile. Appartengono invece ad un modello di pensiero circolare e ciclico le filosofie di pensiero e le culture che intendono l’universo come un flusso continuo di rinnovamento, in una sequenza temporale infinita.
Non c’è un modello giusto e uno sbagliato, ma sicuramente esiste la possibilità di prendere consapevolezza dell’esistenza di modelli alternativi a quelli finora accolti, che si stanno rivelando inadeguati ad affrontare le sfide e i limiti del presente.
Dunque, oltre a un nuovo modo di produrre e consumare, la sfida di una nuova economia ci chiede di progettare un nuovo modo di pensare, un cambio di paradigma filosofico, oltre che economico. Non sarà troppo difficile? Utopico? Pensiamo di no: ma per ridisegnare un sistema è necessario fare uno sforzo di progettazione che coinvolge la creatività e l’immaginazione.
E’ ancora Ellen Mac Arthur a suggerire che nel cuore dell’economia circolare si trovi il design. Secondo la studiosa, è ai designer che si deve chiedere di progettare un sistema in cui le persone si sentano immerse e invogliate ad acquistare prodotti ricondizionati: “Innovazione, creatività e scienze dei materiali sono le discipline che hanno maggiore voce in capitolo per cambiare il sistema».
Noi proponiamo di fare un ulteriore passaggio, e proponiamo di cercare ispirazione nello sguardo visionario di Edwin Abbott, un pedagogo che nel 1884 scrisse Flatlandia, un racconto fantastico e distopico popolare tra gli studenti delle facoltà scientifiche e matematiche, che affronta da un punto di vista originale il concetto di un mondo a due dimensioni.
Protagonista del racconto è Quadrato, una forma che vive in un mondo bidimensionale abitato da figure geometriche. Il loro universo è un piano. Quadrato incontra Sfera, una forma che viene da Spacelandia e che gli rivela l’esistenza della terza dimensione. Quadrato prova a spiegare la sua scoperta, e ci descrive le reazioni scomposte e allarmate degli abitanti di Flatlandia.
Quella che ci viene proposta oggi dall’economia circolare è una sfida simile a quella di fronte alla quale si trovano gli abitanti di Flatlandia: abbandonare la bidimensionalità della linea retta, il concetto di crescita intesa come continuo progredire. Ammettere l’esistenza di una terza dimensione, che aggiunge profondità ai nostri comportamenti, al nostro modo di produrre e di consumare.
Forse più che di economia circolare, potremmo parlare di “economia sferica”, ispirandoci alla forma di quel pianeta che dame Ellen ha circumnavigato a tempo di record, e che anche noi dobbiamo affrettarci a salvare.
Siete curiosi di fare un viaggio istruttivo a Flatlandia? Potete farlo grazie a un cortometraggio d’animazione realizzato nel 1982 e diretto dal matematico italiano Michele Emmer.