A cura di Progettomenodue
Il fenomeno del pop up store rappresenta un caso curioso nel panorama retail.
Facendo propri i principi del guerrilla marketing che prevede una strategia pubblicitaria non convenzionale e limitata nel tempo, negli ultimi anni, ha conosciuto un vero e proprio momento d’oro fino a diventare un format molto apprezzato dalle aziende, siano esse consolidate o emergenti.
Se vogliamo attribuirgli una data di nascita, dobbiamo fare un passo indietro di quindici anni quando a Berlino apparve per la prima volta questo negozio a tempo sotto l’insegna del visionario marchio giapponese Comme des Garçons.
Lo scopo era chiaro e dichiarato fin dal principio: lo spazio era nato per vendere il prodotto delle recenti e passate collezioni in una città non ancora propriamente esplorata e con un investimento limitato.
La formula venne poi riprodotta velocemente in altre città come Atene o Reykjavík.
Come una sorta di Lollapallosa del retail, il pop up store diventa un festival itinerante che crea hype e colpisce per il visual design accattivante e inusuale.
Pur essendo sbocciati come risposta pratica alla necessità di inserirsi in centri dagli affitti molto alti, dall’impossibilità di trovare spazi adeguati e di far ruotare la merce invenduta, col tempo ha subito un’evoluzione e una trasformazione.
I pop up di oggi propongono quasi esclusivamente collezioni limited-edition o nate da collaborazioni tra marchi o addirittura specifiche per quella determinata località, generando code chilometriche al suo ingresso e veri e propri tam tam sui social con consigli sugli orari migliori in cui andare e update sulle disponibilità o meno di un determinato prodotto.
Lo ha fatto Kanye West col suo concept store LIFE OF PABLO, aperto contemporaneamente in 21 città del mondo, in occasione dell’uscita del suo album.
L’ubicazione di ogni negozio è stata dapprima anticipata sui social media con breve preavviso e con piccoli indizi.
Ogni negozio vendeva articoli unici per ogni città, oltre a una selezione di prodotti a cura di Kanye, tra cui jeans Levi’s, e felpe con cappuccio “Famous”. L’afflusso è stato enorme con ingresso permesso a 5 persone alla volta e con un timing ben preciso.
Spesso è lo spazio utilizzato ad essere protagonista.
I pop up stores fioriscono nei luoghi più impensabili: a Tokyo, nel quartiere di Ginza, nel 2016, fece la sua comparsa ParkING, a cura del designer giapponese Hiroshi Fujiwara, negozio posto nel seminterrato della sede della Sony. Due livelli di parcheggio che ospitavano un negozio di dischi, un bistrot e installazioni a rotazione di marchi streetwear cult come Off-White, Nike e Vanquish.
La lavanderia ha macinato chilometri negli Stati Uniti passando da New York, a Washington, a Nashville.
O la Maker House di Burberry. Aperta in occasione della London Fashion Week, all’interno di una vecchia libreria di Soho con giardino e statue equestri in gesso. Un laboratorio-mostra che celebrava materiali e artigianalità. Un modo per scoprire cosa c’era dietro il “fatto a mano” della collezione con contributi di artisti e creazioni speciali.
E per capire quanto la componente artistica giochi un ruolo fondamentale in questo format creando progetti interessanti, una menzione d’obbligo è da fare per Prada Marfa. Un finto pop up store, creato dal duo danese Elmgreen & Dragset, situato in Texas, nei pressi della U.S. Route 90, a circa 60 km della città di Marfa. Inaugurato nel 2005 – è il caso di dire – in the middle of nowhere e progettato per assomigliare in tutto e per tutto ad un negozio Prada, che ha concesso il logo e i suoi accessori da mettere all’ interno. Nato come installazione temporanea, esso è poi diventato permanente per mostrarne il lento degrado e la sua integrazione nel contesto paesaggistico, ma soprattutto, oggi, è un’attrazione turistica che richiama ogni anno migliaia di visitatori o semplici curiosi.
Difficile dire se i pop up stores avranno durata nel tempo.
Di certo, grazie al loro coefficiente innovativo, hanno permesso di dar vita a nuove formule, oltre che portare una ventata di freschezza nel panorama spesso assonato e granitico del retail tradizionale.