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L’intelligenza emotiva a supporto del business

Perché parlare di Emozioni nel mondo del lavoro?

In apparenza niente di più distante, due realtà contrapposte, fatte l’una di sensazioni, stati d’animo, pulsioni, l’altra di razionalità, logica, pensiero. E’ però ormai una realtà sotto gli occhi di tutti, che anche le regole del business stanno cambiando e non solo per quanto riguarda tecnologia e innovazione, bensì anche e soprattutto per il valore inestimabile che sta assumendo il capitale umano e relazionale. In una società liquida, come quella descritta dal sociologo Bauman, non è più sufficiente rimanere ancorati agli schemi mentali, fino ad oggi applicati, che portano gli individui ad agire in modo sempre uguale, pur di fronte a situazioni differenti: è palese la necessità di doversi adeguare al cambiamento, cercando di non essere scettici e resistenti, come purtroppo spesso ci suggerisce il cervello che, da parte sua, è programmato per ritornare sulle cose che già conosce.  Non è più sufficiente una preparazione tecnica per essere considerati dei candidati appettibili o per avere successo nel mondo imprenditoriale: oggi le aziende richiedono che alle professionali si affianchino anche quelle abilità emotive di cui, già negli anni ’90, Daniel Goleman aveva iniziato a parlare.

Le nuove competenze nel business

Non a caso, infatti, il World Economic Forum (WEF), già lo scorso anno, aveva inserito nel novero delle 10 “soft skills” indispensabili al mondo del lavoro nel 2020, proprio l’. Accanto quindi a problem solving, pensiero critico, creatività, gestione delle persone, lavoro in team, decision making, negoziazione, orientamento al servizio e flessibilità cognitiva (per la gestione del cambiamento), ecco comparire al sesto posto della classifica l’Intelligenza Emotiva, termine con il quale Goleman definisce “la nostra capacità di riconoscere i nostri sentimenti e quelli degli altri, di motivare noi stessi e di gestire positivamente le emozioni, tanto interiormente, quanto nelle nostre relazioni”. (D. Goleman, “Intelligenza Emotiva, Rizzoli, 1998). Facciamo un esempio, riferendoci a tre termini propri del mondo del business: branding, marketing e vendita. In estrema sintesi, sappiamo che il brand è l’espressione del valore di un’azienda e diventa strategico in quanto attira il cliente, promuovendo non il prodotto o il servizio, ma l’azienda stessa. E’ una sorta di presentazione mirata a centrare le aspettative e a intercettare i bisogni del potenziale cliente, al fine di fidelizzarlo. Corrisponde in pratica al “ecco chi sono”dell’azienda. Il marketing svolge un ruolo tattico: nasce per fornire informazioni sui clienti e sui consumi di cui le aree vendita necessitano e valorizza il brand attraverso tecniche di promozione del prodotto o del servizio, portando il cliente all’acquisto. Corrisponde quindi al “ecco cosa vendo”. La vendita, infine, è il passaggio conclusivo che racchiude le tappe precedenti, ma come diceva il guru del marketing Philip Kotler, anche se esiste dalla notte dei tempi quando nell’Eden il primo venditore della storia ha venduto la mela a Eva, da sola non è sufficiente.

Infatti, alla luce dei più recenti studi in ambito psicologico e neuroscientifico, è ormai chiaro come sia imprescindibile, per la messa in atto e il buon esito di tutte queste 3 fasi, un corretto e paritario sviluppo di entrambe le forme della nostra intelligenza: quella cognitiva (logica e razionale, inerente le competenze tecniche, che ha sede nella neocorteccia) e quella emotiva (che attivando i centri del cervello più antichi e profondi, con sede nelle regioni sottocorticali, permette loro di interagire  con i centri intellettuali).

Le 5 competenze dell’Intelligenza Emotiva

L’elemento strategico per ogni percorso di conoscenza e cambiamento, è la consapevolezza di sé (il “chi sono” del branding) che aiuta non solo a comprendere se stessi, ma guida i processi decisionali, facilita una valutazione realistica delle proprie abilità e cementa la fiducia in se stessi; la gestione delle emozioni, che determina  la capacità a motivarsi a lungo termine,  porta a sviluppare resilienza (fondamentale  nel raggiungere obiettivi e nella vendita); l’empatia e le abilità sociali completano il quadro: percepire, come dicevamo, i sentimenti altrui, sintonizzarsi con i loro bisogni e le loro aspettative, saper adottare le loro prospettive, consente di puntare su forme di marketing relazionale, che facilitano ed incrementano il successo del proprio business.

Il nuovo decennio, quindi, ponendoci inaspettatamente davanti a serie difficoltà non solo nel privato, ma sul fronte lavorativo, ci sta comunque dando anche gli strumenti adeguati per affrontare con efficacia ostacoli niente affatto insuperabili.

Saper leggere e interpretare le situazioni che ci coinvolgono, interagire in modo fluido, negoziare e ricomporre trattative, cooperare e motivarsi al cambiamento, con prospettive di crescita, sono non solo gli strumenti che la nostra Intelligenza Emotiva ci fornisce, ma rappresentano la chiave di volta per costruire il nuovo mondo del lavoro e del business.

Img: geralt  from Pixabay

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competenze,intelligenza emotiva
Da più di vent’anni libero professionista e consulente aziendale, ha messo a punto il metodo della Formazione Emotivo-Relazionale, volta allo sviluppo dell’Intelligenza Emotiva. Ha pubblicato: “Il cannibalismo dei ruoli. Riflessioni di un Formatore Emotivo-Relazionale” (2016) “La strategia dell’extraterrestre. Capire se stessi e i propri problemi con la formazione 
emotivo-relazionale” (2017); Come coautrice: “L’Italia dei piccoli borghi. Strategie di promozione e comunicazione” (2017) ; “Un’emozione per tutti” Guida Turistica Emozionale redatta dai ragazzi di Premilcuore 
(2016) ; “Emozioni e cultura”, in :Marketing emozionale”, F. Gallucci (2011).

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