a cura di redazione
Come si progetta e organizza un TED? Dalla sua nascita, il brand TED è diventato sinonimo di divulgazione di temi e argomenti legati al mondo dell’innovazione. Migliaia di ore di interventi di speakers provenienti da tutto il mondo. Emilia Garito, responsabile TEDx Roma, ci racconta come si realizza un evento di questo tipo.
Dal 2013 curi il TED Roma. Partiamo dal concetto stesso di TED che, tornando alla storia del format, nasce come strumento di diffusione del sapere tecnologico e dell’innovazione. Secondo te a cosa si deve il successo di questo progetto?

Il successo del TED e’ dovuto a due fattori. Il primo la tipologia di format, che richiede agli speaker molta attenzione all’uso delle parole dal momento che la loro idea deve essere raccontata in meno di 18 minuti. L’esercizio di poter condensare un concetto, a volte anche complesso o molto tecnico, in poco tempo porta il relatore a porsi degli interrogativi, quali: come faccio a spiegare in poche parole e semplici quello che ho magari elaborato in anni di lavoro? Come faccio a fare in modo che questo interessi e soprattutto perché questa mia idea dovrebbe interessare? Queste e altra domande spingono i curatori dell’evento a fare molta attenzione alla qualità e all’autenticità delle idee che, proprio per questo, meritano di essere diffuse. Il secondo motivo risale a 10 anni fa, e cioè a quando TED ha lanciato il progetto TEDx, ovvero la possibilità per chiunque di ricevere gratuitamente la licenza TED per organizzare un evento locale, appunto TEDx, realizzato in maniera indipendente. In 10 anni sono stati organizzate decine di migliaia di eventi TEDx nel mondo e tutti i contributi video sono stati caricati sulla piattaforma YouTube di TEDx, così che oggi su questa piattaforma sono fruibili oltre 100.000 talks per un totale di ben oltre 1 miliardo di visualizzazioni.
Il TED è diventato, e non solo per operatori del settore, un brand piuttosto noto nel mondo dell’innovazione. Come una specie di libero franchising della conoscenza, si sono moltiplicate associazioni e città che ne organizzano almeno uno. Come si diventa di fatto Ambassador TED e qual è il manifesto di valori di questa potentissima piattaforma?

Credo che gli Ambassador siano persone che vengono un po’ osservate da TED per alcuni anni e poi a un certo punto, quando si tratta di scegliere, il team TED fa le sue valutazioni. Ma tali valutazioni non hanno a che fare con meriti particolari, bensì con fattori anche riguardanti le dimensioni dell’evento che si organizza o il proprio contributo all’interno della Community del proprio paese e, soprattutto, in base alla disponibilità della persona di farsi carico di ulteriori centinaia, se non migliaia, di richieste di informazioni da parte appunto della propria Community.
Ma di sicuro i valori TED devo essere saldi per chiunque volesse abbracciare l’incarico di Ambassador nazionale. Questi valori sono in assoluto il rispetto delle regole TED, quali la libertà nella curatela dell’evento, l’onestà nel portare avanti il proprio progetto senza interessi secondari; il coinvolgimento continuo del proprio team di volontari, trasferendo ad esso la passione e l’entusiasmo necessari; e ancora, la missione di operare per creare una community locale di TEDxrs che vivano e comprendano l’importanza della diffusione delle idee libere e costruttive, con la finalità di stimolare il pensiero critico di ognuno.
Molti altri sono ancora i valori del TED e del TEDx, ma credo che questi siano i pilastri fondativi di ogni scelta di essere TEDxr, non solo per gli Ambassador, ma per chiunque voglia intraprendere quest’avventura di divulgazione di idee che non cambiano il mondo, no, ma potrebbero renderlo più consapevole.
Curare un TED è come trasmettere una visione del mondo. Raccontare una serie di stimoli e di ispirazioni per mezzo di un calendario di ospiti. Come avviene praticamente il processo organizzativo di un appuntamento così importante?

Nel mondo TEDx questo è molto vario. Ci sono team che condividono il processo curatoriale, altri hanno un curatore esterno e altri ancora, la maggioranza, come nel caso del team che mi supporta, lasciano la guida della curatela all’Organizer licenziatario del brand. Per quanto mi riguarda, ho sempre pensato che la curatela fosse una parte molto delicata e personale dell’organizzazione dell’evento, e per questo l’ho tenuta separata dal resto dell’organizzazione fin dalla scelta del tema e nelle varie fasi di sviluppo, ma con molti momenti di incontro e contaminazione con il team che, infatti, è stimolato a proporre speakers e a individuare belle storie, nuove e stimolanti. Tuttavia, ho sempre voluto gestirle direttamente la scelta della selezione delle proposte e della costruzione dei talks, assumendomene tutta la responsabilità. Spesso ho chiesto consiglio all’Advisory Board e al team, ma sono rimasta ferma sulle decisioni finali. Questo, credo, sia importante per dare maggiore coerenza al programma e, soprattutto, per poter presentare una visione chiara del tema scelto. Come per il curatore di una mostra di arte contemporanea che parte da un’idea, una visione propria, e cerca di rappresentarla grazie agli artisti che sceglie. Se poi la mostra non sarà così bella avrà meno pubblico, ma di sicuro si potrà seguire il filo logico che ha condotto alle scelte finali, e attribuirne chiaramente le responsabilità nel bene e nel male.
Il TED Roma è chiaramente annuale, tematico, innovativo. Ma in una città difficile come Roma, quanto è importante legare lo studio dei contenuti al dibattito in essere del luogo?

Al TEDxRoma abbiamo fatto sempre una scelta meno locale e più globale. Questo perché l’obiettivo di tutti gli obiettivi del TEDxRoma è fare emergere l’internazionalità della Città. Fin dal primo anno non abbiamo mai voluto parlare delle questioni vicine, ma piuttosto scoprire quella Roma nascosta fatta di persone provenienti da oltre 40 paesi, (solo a Piazza Vittorio si parlano 60 lingue). Questo è stato vincente perché nella nostra giornata al TEDxRoma si incontrano persone che non si sarebbero mai incontrate, e si incrociano diverse culture e prospettive. Era questa la Roma che volevamo mostrare e i nostri speakers ogni anno sono meravigliosamente accolti da questa atmosfera.
Secondo te il TED può sostituire o completare un processo di #formazione manageriale e comportamentale per un’azienda?
Penso che il TED, non essendo uno strumento formativo strutturato, non possa da solo completare la formazione manageriale, ma può aiutare a costruire dei percorsi in cui grazie ai video TED è possibile introdurre i manager a un mondo più dinamico e ampio di quello che vivono ogni giorno. Penso che su questa percezione fatta di idee brillanti e controintuitive i manager, aiutati da professionisti, potrebbero costruire una propria visione del futuro, professionale o privata che sia, ma di sicuro più vicina al cambiamento sociale e culturale che stiamo vivendo e che TED, da sempre, è stato in grado di intercettare prima di chiunque altro.