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Quanto vale l’arte di vivere?

“Non si viene in Italia in cerca di cose gradevoli, ci si viene in cerca della vita”  E. Forster

Lo scrittore britannico Edward Forster è uno degli autori che meglio ha saputo restituire una lettura profonda e lucida dell’Italia e dell’italianità. Forse il suo nome non è così noto, ma lo sono i romanzi che scrisse tra l’800 e il 900 e da cui sono stati tratti celebri film, tra i quali ricordiamo Camera con vista, Casa Howard e Passaggio in India.

Lo sguardo del viaggiatore è riuscito a cogliere con la necessaria distanza e il giusto incanto la natura profonda dei luoghi visitati.

L’Italia è, infatti, colma di “cose gradevoli”, di opere d’arte uniche al mondo, paesaggi impareggiabili, tradizioni e culture millenarie che hanno creato prodotti e oggetti d’arte senza paragoni.

Tutto questo però, come intuito da Forster, non può essere definito semplicemente un patrimonio di arte e bellezza. Per essere compreso deve essere inserito in un concetto assai più ampio, che si traduce in un vero e proprio stile di vita e di pensiero.

La cultura italiana ha una storia bimillenaria, che parte dalla romanità per giungere a uno dei suoi massimi vertici nell’Umanesimo, epoca in cui per essere considerato un cittadino era necessario dimostrare di essere in grado di svolgere un mestiere. Questa era infatti la condizione per poter accedere a una corporazione. La storia d’Italia si è poi sviluppata attraverso il Rinascimento, l’Illuminismo e il Risorgimento, fino a sigillare il proprio principio ispiratore nel primo articolo della Costituzione Italiana: l’Italia è una Repubblica fondata sul lavoro.

Un lavoro che si traduce appunto non solo nella capacità di realizzare invenzioni geniali e capolavori dell’arte, ma che riassume in sè un modo di lavorare che mentre produce i propri beni e servizi è in grado di generare qualità della vita[1]. Un bene che oggi come mai è richiesto e apprezzato in ogni ambito e da qualsiasi cultura, e di cui possiamo aspirare ad essere i primi esportatori nel mondo.

Valorizzare la cultura italiana significa rendere disponibile, insieme ai prodotti del nostro fare, anche il nostro modo di essere, espresso nei luoghi come nella sostenibilità, nel rispetto della storia e delle persone. In una frase, nella nostra arte di vivere.

Utilizziamo qui il termine cultura con un’attenzione rivolta alla sua origine etimologica, colere, da cui coltivare, anche “nel senso figurato di avere cura, trattare con attenzione, quindi onorare. Per estensione, perché la coltivazione implica la stanzialità, cultura significa anche abitare”[2].

Valorizzare il nostro primato, l’insieme di tutto ciò che ci rende unici nel mondo in termini di creatività, senso estetico, ingegnosità, originalità creativa, è possibile a partire dalla nostra capacità di “coltivare” questo modo di essere, e dalla nostra abilità nel comunicarlo all’esterno.

La formazione è un passo essenziale per comprendere come portare in evidenza il valore di quei fattori che hanno creato un “” apprezzato e ricercato nel mondo.

I mercati, ma prima ancora le persone, sono affamati di nuove risposte a bisogni che sempre più vanno nella direzione del benessere inteso come profonda armonia spirituale e fisica.  Valorizzare l’italianità significa comprendere come sia giunto il tempo di abbandonare la ricerca affannosa di produrre un numero sempre maggiore di prodotti a un minor costo. E’ tempo di fornire risposte di qualità a nuovi bisogni. Per questo è necessario che in ogni ambito le persone e le aziende siano formate in modo da sapere come valorizzare e comunicare gli elementi di distintività che rendono unico il nostro Paese.

Come illustrato nell’articolo dell’economista Piero Formica: “In questo scenario siamo testimoni e protagonisti della nascita di un nuovo universo nella cui galassia dell’economia non tutto ruota intorno al Prodotto Interno Lordo (PIL)”.

Il nostro patrimonio più grande risiede nel nostro modo di pensare e di guardare al mondo, nel nostro modo di elaborare soluzioni innovative a problemi complessi. Nella nostra capacità di aggiungere bellezza anche agli oggetti più umili, di curare in modo artigianale anche i prodotti industriali. Sono questi gli elementi che determinano quel premium price che il mercato è disposto a riconoscere non solo ai nostri prodotti ma anche al nostro modo di lavorare.

Non solo alle nostre bellezze, ma anche al nostro modo di vivere.

Forster lo aveva compreso il secolo scorso. A noi il compito di trasformarlo nel nostro futuro.

 

[1] Vedi: Alberto Peretti, Genius Faber, il lavoro italiano come arte di vivere, IPOC, 2015

[2] Massimo Angeloni, Ecologia della parola, Pentagora, 2017

 

Foto di João Vítor Heinrichs da Pexels

 

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I linguaggi sono il suo campo di specializzazione. All'attività di autrice, sceneggiatrice, headwriter per Rai, affianca attività di consulenza e formazione per le imprese, con particolari applicazioni nel campo del retail. Un’intensità attività autorale e di scrittura l’ha vista autrice e regista di numerosi spettacoli teatrali e musical. Ha pubblicato il romanzo Mariposa per Divergenze editore, oltre ad alcuni saggi e libri per bambini e famiglie.

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