A cura di Davide Pellegrini
FiordiRisorse, una business community nata come Associazione, che oggi conta 70 persone e 7000 sostenitori in molte regioni italiane. Obiettivo: ripensare la cultura del lavoro. Cambiare il modo di formare e sostenere le Persone nel loro collocamento nel mondo professionale. Lo abbiamo chiesto a Osvaldo Danzi, Executive Recruiter.
FiordiRisorse è una business community di manager e imprese ma, a ben vedere, il fil rouge che collega le vostre attività è una grande attenzione al valore delle persone. La cultura del lavoro e le risorse umane, due pilastri fondamentali della civiltà. Come è strutturata FiordiRisorse?
FiordiRisorse, da un punto di vista organizzativo, è un’Associazione. Di fatto è un gruppo di persone – operative nella realizzazione di eventi e incontri – circa 70. Il gruppo invece conta 7000 appassionati in tutta Italia – che hanno lavori e provenienze regionali estremamente varie. Imprenditori, direttori generali, liberi professionisti, responsabili commerciali e delle Risorse Umane, tecnici e ingegneri. In FdR si possono trovare ben rappresentate tutte le professioni, perché di fatto è una Community che si ritrova prima di tutto per il piacere di condividere esperienze, di far conoscere le persone fra loro, ma soprattutto per trasmettere modelli professionali moderni. Significa confrontarsi con e fra le Persone per comprendere al meglio cosa sta succedendo intorno a noi e mettere a fattor comune le competenze.
Toscana, Emilia Romagna, Marche, Veneto, Milano, Umbria e in arrivo Piemonte e Puglia sono i territori in cui c’è almeno un gruppo di FdR che organizza incontri di networking.
Voglio fare luce su un aspetto importante. Il cortocircuito tra professione, cultura e racconto. Ad esempio, trovo molto intelligente la Bussola del Lavoro e, allo stesso tempo, mi sembra notevole l’idea di un festival che racconti il lavoro come Nobilita.
La Bussola del Lavoro è un progetto di supporto attivo alle Persone. Nato da un’idea di Coop in Emilia, poi ripreso anche da Auchan nelle Marche, ci fu chiesto circa 5 anni fa se eravamo in grado di organizzare un momento di incontro fra aziende e consumatori della Coop all’interno dei centri commerciali più grandi. Abbiamo fatto un passo in più: per due giorni consecutivi organizziamo stand di agenzie per il lavoro, società di orientamento professionale e corsi di #formazione, in cui le Persone che si trovano al supermercato per fare la spesa, possono portare il loro cv e trovano specialisti che li aiutano gratuitamente a rimettere a posto tutto il “set comunicativo”, piccoli corsi gratuiti di personal branding, un controllo del cv, utilizzo dei social network, come individuare annunci di lavoro farlocchi ed evitare di perdere tempo, e molto altro. Inoltre, organizziamo un momento di dibattito con alcune aziende del territorio in cui – a differenza dei bollitissimi quanto inutili career day – le Persone possono dialogare e confrontarsi con i direttori del personale di importanti realtà aziendali del territorio.
Nobìlita va oltre. Laddove il mondo del lavoro è davvero sempre più incomprensibile e in costante evoluzione, ci siamo inventati un Festival in cui le Persone possano venire ad ascoltare intellettuali, imprenditori, giornalisti, filosofi, autori di libri che spiegano loro in maniera non tecnica, informale e spesso addirittura divertente, come si sta trasformando il mondo del lavoro. Ogni anno individuiamo gli 8 temi “urgenti” e costruiamo dei panel con speaker davvero straordinari. Quest’anno abbiamo aggiunto addirittura una terza giornata tutta dedicata alla formazione manageriale in cui le Persone al costo di una pizza possono costruirsi un percorso di una giornata scegliendo fra 18 temi diversi.
Per posizionarsi efficacemente nel mondo del lavoro occorre essere differenti. Così recita il payoff della vostra sezione dedicata alle risorse umane. Come dire. Lavoriamo per fare emergere il meglio dei candidati. Dall’inventario di personalità alla palestra dei colloqui fino a consolidare il personal branding. Ci spieghi secondo te in come si fa oggi a essere davvero appetibili per un mondo del lavoro così complesso e spesso difficile?
Non ci sono trucchi, c’è solo un modo diverso e più complesso di essere percepiti e di riuscire ad arrivare alle aziende. C’è un sovraffollamento verbale e (dis)informativo notevole che richiede un’attenzione e una cura nel presidiare tutte le piattaforme più strategiche in cui far veicolare il proprio “brand”. Linkedin, una su tutte. Il networking è diventato fondamentale: essere nei posti giusti a conoscere le persone giuste. Purtroppo i posti sono quasi sempre sbagliati – e mi dispiace dirlo, ma quelli istituzionali e quelli più pubblicizzati sono spesso i più sbagliati di tutti – e bisogna riporre una cura e un’attenzione nello scegliere dove non perdere il proprio tempo, che richiede a sua volta molto tempo. Eviterei con cura incontri dove gli sponsor sono presenti anche sul palco o dove i politici la fanno da padrone, convegni estremamente accademici presidiati da professoroni universitari che parlano di lavoro, prediligendo luoghi dove invece vengono condivise esperienze. Sono i posti dove si incontrano storie di aziende, dove la concretezza è anche occasione di confronto, dove i contenuti non sono la scusa per farsi pubblicità ma un modo per raccontare la propria esperienza e offrire spunti alla platea.
Veniamo alla questione formazione. Voi proponete un Master, con quali obiettivi e come è organizzato? Altra questione: quali dovrebbero essere oggi secondo te le soft skills a cui puntare?
Il MUSTer nasce da una necessità “etica”. Stufo di sentirmi dire da alcuni dei miei candidati che in seguito al licenziamento da parte della loro azienda “per ricollocarsi avrebbero fatto un Muster in prestigiose business school” ai costi che ben conosciamo (15-30.000 euro), chiesi loro chi li avesse convinti a prendere questa decisione. Mi fecero vedere newsletter e brochure di molte business school, alcune anche estremamente ben posizionate, che promettevano facile ricollocamento grazie al proprio network. Ecco, siccome credo che una comunicazione del genere sia estremamente menzognera perché nessuno può garantire il lavoro a nessuno e a maggior ragione all’interno di blindatissimi circuiti accademici, unitamente al fatto che guardando i programmi di queste scuole non riesci mai a capire chi siano i docenti per poi scoprirne di talmente multidisciplinari che ti chiedi come sia possibile che possano qualitativamente parlare di trasformazione digitale, economics, management e tutto ciò che serve all’occorrenza, considerato anche che questi corsi costano un occhio della testa, credo fosse venuto il momento di ostacolare nel mio piccolo queste grandi cattedrali della cultura manageriale.
Iniziando dal fatto che nessuno in venti anni di carriera come recruiter per profili medio-alti mi abbia mai chiesto un “direttore di funzione col Master”.
Ho dunque deciso di creare un percorso che avesse tre caratteristiche fondamentali: costasse poco e fosse quindi accessibile sia alle aziende che hanno bisogno di aggiornare alcuni collaboratori strategici, che a coloro che in questo momento non possono permettersi spese ingenti per ricollocarsi. Un percorso che offra agli iscritti di conoscere da vicino le esperienze delle aziende, e questo non lo puoi fare invitando un fantoccio in aula con le slide, ma devi far vivere l’azienda, la sua temperatura, il suo management, le Persone che collaborano fra di loro e che raccontano la loro esperienza e soprattutto i loro progetti concreti: “come hanno fatto a…” . Dunque, il MUSTer è itinerante e i MUSTeristi incontrano di persona gli AD e i collaboratori dell’azienda che ospita tutta la giornata. Infine, il tema scelto deve essere trattato non a livello accademico, ma molto concretamente: sono i manager dell’azienda che ci ospita a trasformarsi in docenti a cui naturalmente io affianco un formatore, un intellettuale, un autore che riprenda poi il tema con una panoramica più generalista e riprenda il filo del discorso.
Sei un divulgatore d’eccezione. Hai partecipato a un TED e hai scritto un best selling che si chiama Community Manager. Ce ne parli?
Prima di dire “best seller”, aspettiamo di conoscere i dati di vendita!
Mi piace parlare con le Persone, incontrare chi può stimolarmi ad approfondire temi o ad aprire celle nella mia testa. Mi piace non accontentarmi dell’informazione mainstream, di chi segue ciecamente modelli “innovativi” per poi scoprire che invece si sta regredendo di 100 anni.
Mi spiego: per fare un esempio, sono attivamente impegnato nel riconoscimento dei diritti dei lavoratori digitali supportando l’assessore al lavoro di Bologna che primo in Italia ha definito una carta dei diritti per queste categorie (cosa che a Milano, “patria del digitale”, si guardano bene dal fare!) Penso che non sia etico né assolutamente innovativo permettere ad aziende come le multinazionali del food delivery di operare in maniera piratesca come stanno facendo ad oggi. Ci sono ragazzi che hanno subito l’amputazione di una gamba per essere finiti sotto un autobus, gente investita dai riders che sono scappati perché l’azienda non tutela i suoi lavoratori, ritenendoli “liberi professionisti” e scaricando tutte le responsabilità su di loro. Tuttavia li controlla e li utilizza come se fossero lavoratori dipendenti.
Ecco, non è questa l’innovazione che intendo io, come non lo è a mio avviso quella degli incubatori, delle startup all’Amatriciana, dei coworking spinti dalla politica e di tutto un contesto troppo dozzinale intellettualmente e fin troppo conveniente economicamente solo per alcuni, per cui continuerò a battermi fin che posso per far ragionare le Persone, soprattutto i più giovani, che non stanno facendo altro che riportare i loro diritti e il loro futuro verso un passato che abbiamo già visto e avremmo dovuto già superare. E per fortuna, come in occasione del recentissimo TEDx di Torino, al termine dell’intervento sono stato preso d’assalto da tantissimi di questi ragazzi che hanno condiviso con me le stesse preoccupazioni.
Il sito di FiodiRisorse
Il sito del Festival Nobilita