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Il manager-coach nella nuova normalità

Mi sono confrontata diverse volte, durante le varie fasi della crisi pandemica, con persone che ricoprono, a vari livelli, ruoli manageriali, soprattutto con Store Manager e responsabili di locali di ristorazione.

In misura diversa, nelle varie realtà del retail ci si è riassestati e si sono messi in atto dei cambiamenti che ora rappresentano (che lo si gradisca o no) la nuova normalità.

Ci sono nuove consapevolezze che accomunano tutte le persone con cui ho parlato,  da cui si cerca di ripartire perché questa nuova normalità sia stimolante quanto e – perché no – più di quella di prima.

Un mindset che deve cambiare ed adeguarsi alla nuova normalità

Quali sono le principali consapevolezze che abbiamo acquisito?

  • Non possiamo dare più niente per scontato, perché lo scenario può cambiare da un momento all’altro mandando all’aria le nostre confortevoli certezze
  • Non esistono procedure e soluzioni che possano proteggerci in modo permanente dai problemi
  • Non esistono soluzioni facili a problemi complessi
  • Non si possono replicare decisioni basate su anni di esperienza e di successi
  • “Abbiamo sempre fatto così” non funziona più
  • Le competenze faticosamente acquisite possono non essere sufficienti a fronteggiare le nuove sfide

Tutto questo può provocare ansia ed insicurezza, disorientamento e persino scoraggiamento.

A questo punto il manager, anche il più performante, capisce che da solo non va da nessuna parte. Se le consapevolezze elencate sopra sono reali, è necessario un salto di proattività da parte di tutti i membri dell’organizzazione. L’efficacia e la forza della strategia devono affondare le radici non più o non solo nella leadership individuale, ma soprattutto nel contributo del team.

Sappiamo però che questo salto di proattività non avviene in modo spontaneo (soprattutto nelle aziende che già da prima erano poco avvezze al cambiamento e all’innovazione dei processi) ma va stimolato.

Si tratta di riconoscere un’’occasione preziosa per ridefinire il proprio rapporto con i collaboratori e per renderlo più adatto a superare insieme questo senso di indefinitezza.

il coaching come strategia

In questa mia riflessione, propongo lo “stile coaching per le sue caratteristiche di flessibilità e di applicazione pratica immediata. Come tutti sappiamo, il coaching deriva dall’ambito sportivo ed infatti la miglior traduzione del termine è allenamento. Mi piace ricordare che in inglese coach vuole dire anche vagone, perché questo termine mi suggerisce il senso del portare a destinazione.

Per essere un serve innanzitutto partire da una visione ottimistica dei membri del team, avere cioè un’attitudine positiva verso ogni singola persona e grande fiducia nelle sue potenzialità, in modo da muoversi sempre in una prospettiva di sviluppo. Questo non significa nascondere le mancanze e le lacune, ma non considerarle definitive e bloccanti; anzi vuol dire riconoscerle per farne il punto di partenza della crescita professionale.

Il coaching, cioè l’allenamento, consiste nel supportare l’altra persona nel miglioramento delle sue competenze e nel raggiungimento di uno specifico obiettivo.

Il coach ha un ruolo molto attivo e impegnativo:

  • Aiuta il collaboratore a riconoscere i propri punti di miglioramento, cioè le competenze da acquisire, da accrescere o da rinforzare
  • Lo stimola a comprendere l’importanza del suo contributo nel quadro generale aziendale
  • Attraverso l’attività quotidiana, crea occasioni di allenamento dove la persona possa sperimentarsi fino alla completa acquisizione della competenza su cui sta lavorando
  • Fornisce il suo costante supporto affinché la persona acquisisca consapevolezza ed autonomia

Una fase molto importante di questo processo è quella del dialogo. La prima cosa da fare è parlare con le persone del proprio team:  parlare di loro, delle loro capacità, delle loro conoscenze, di ciò che li rende brave nel proprio lavoro e di ciò che le appassiona, del loro ruolo nella squadra.  È proprio  attraverso questo dialogo che si possono individuare insieme le competenze su cui lavorare per ottenere un miglioramento della prestazione.

Il manager-coach inoltre fornisce puntuali feedback per rinforzare i risultati e per garantire la continuità del processo.

Per tornare alla premessa, usando questa metodologia diventa più naturale e stimolante coinvolgere i collaboratori  nella ricerca di soluzioni e miglioramenti operativi, raccogliere le loro opinioni e le idee creative che la quotidianità suggerisce loro, lasciando che nuove strategie vengano sperimentate, corrette ed infine consolidate.

Se si abituano le persone ad essere ascoltate, ad essere sfidate a crescere nelle proprie competenze, ad essere valorizzate per l’apporto innovativo che possono dare ai processi, si innesta un circolo virtuoso e molto produttivo, che gratifica la persona e al contempo rafforza la squadra.

Questo metodo manageriale comporta sicuramente un grande dispendio di tempo ed energie, quindi richiede una buona capacità di organizzazione e soprattutto una sincera convinzione iniziale.

In cambio si ottengono grandi risultati: si rafforza il rapporto reciproco di stima e fiducia tra capo e collaboratore e si crea un senso diffuso di valore personale e di responsabilità.  Questo clima renderà ogni membro della squadra proattivo e pronto a dare il suo contributo, qualsiasi sia lo scenario che si presenterà in futuro.

Foto di Andres Ayrton da Pexels

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Dopo una lunga esperienza aziendale come HR, lavora come consulente per società e aziende. Trainer e Business Coach, esperta in Retail Management e Change Management, ideatrice di modelli di apprendimento esperienziali e di metodologie di team coaching.

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