a cura di Davide Pellegrini
In un’epoca di tanti neologismi (forse troppi), una cosa è certa. Le persone sono diventate qualcosa di diverso dall’astratto concetto di massa. L’individualizzazione della collettività passa ormai dalla valorizzazione dei singoli, dall’ottimizzazione del loro tempo, dalla cura delle loro esigenze e desideri.
Nulla, ormai, può farci rinunciare all’idea di utilizzare la vita nel modo migliore, cercando di assaporare ogni momento e di farne un’esperienza piacevole e suggestiva. Anche la produzione, in un certo senso, può diventare un‘occasione di crescita personale e di arricchimento.
Pensiamo, ad esempio, a come stia cambiando l’idea degli spazi di aggregazione fisici, dalle postazioni di lavoro – che dal coworking e dalle filiere flessibili arrivano allo smart working, con l’idea di lavorare per obiettivi e non sulla base di una presenza fisica coatta – ai negozi che vogliono sempre più assomigliare a “luoghi” culturali, hub multidisciplinari nei quali è possibile stare ed esercitare una molteplicità di attività diverse e non necessariamente orientate al consumo commerciale.
La produzione, quindi, si veste di una sorta di Future Thinking (non è un caso che in questo numero di Cretail ospitiamo le vision i del futuro e retail proprerty Doug Stephens). Gli studi professionali sono team costituiti da una pletora di competenze professionali diverse e complementari e, soprattutto, sono pensatoi dove il fordismo è stato definitivamente soppiantato dall’entusiasmo, dal talento e dal desiderio di portare avanti assieme una missione. Non è un pourparler, è un fatto.
Il grande architetto Norman Foster ha costruito la sua fondazione come una specie di think tank in cui si guarda al futuro dell’evoluzione degli spazi delle città. L’obiettivo è promuovere l’interdisciplinarietà e la visione del futuro mediante un ricco programma di workshop, laboratori, incontri e talk tra architetti, urbanisti, designer. Mi piace citare Norman Foster, ma la tendenza è globale.

Ogni luogo ormai tende a essere una trincea di resistenza culturale al dilagare della complessità, in cui team più o meno estesi e comunque complici e affiatati costruiscono prima di tutto un manifesto di idee, propongono esperienze di mondo, costruiscono relazioni. ma come avviene la convergenza con il digitale?
Torniamo alla relazione tra persone con un esempio. Una coppia di svizzeri di base a Londra Massimiliano Gritti ed Elliott Aeschlimann hanno dato vita a Bombinate, un sito di abbigliamento e accessori di alta gamma per il mondo maschile, e la prima cosa che hanno fatto è stata uscire dai loro uffici e mettersi in contatto fisicamente con gli artigiani e makers che sono riusciti a scoprire.

Gritti racconta di aver viaggiato in giro per l’Europa in cerca di piccole realtà in grado di produrre prodotti di alta qualità.
Siamo andati in giro dopo il nostro viaggio in Asia centrale alla ricerca di produttori / artigiani / marchi di artigianato per chiedere loro con che cosa stessero lottando quando si trattava delle vendite digitali.
La risposta è stata molto precisa: la maggior parte degli artigiani si concentra sulla fase di produzione, trovando difficoltà nella vendita online. Un’altra prova che spesso il digitale non può molto senza una strategia efficace di storytelling e di valorizzazione delle persone.
Includiamo la nostra comunità nella costruzione della piattaforma. Dalle interviste agli eventi fisici il nostro “popolo” alimenta la crescita di Bombinate attraverso feedback, consigli e conversazioni.
continua Gritti
Si può dire che facciamo customer engagement trascendendo e superando i limiti dei social network e delle varie piattaforme social.

Con 30 brand, Bombinate trova il lancio nel maggio del 2017 e una parte del sito è dedicata ai racconti che si celano dietro ogni marchio.
Ecco cosa possiamo trarre da questi esempi. Le persone, le relazioni sono l’unico motore in grado di restituire al commercio un’apparenza di umanità, tanto da portare il consumo sul territorio dell’approccio critico e il prodotto verso l’orizzonte del racconto di valore.
Le persone sanno orami riconoscere le esperienze e e sanno distinguerle dai bisogni primari. In un mondo che porta i singoli al disorientamento a sentirsi impreparati alle difficoltà, una strategia fatta di ascolto e di costruzione di emozioni è la migliore possibile. Da riflettere.